Acufene ed alimentazione iperidrica ed iposodica

Acufene ed alimentazione iperidrica ed iposodica

L’acufene è la percezione di un rumore, un fischio che non è legato ad una reale sorgente esterna. Anche se le conoscenze sui meccanismi degli acufeni si sono accresciute negli ultimi anni, siamo ancora molto lontani da una visione univoca sulle cause del disturbo uditivo. È una problematica multifattoriale: l’orecchio non è l’unico responsabile bensì l’intero organismo svolge un ruolo di primaria importanza nella genesi dell’acufene. Le cause, dunque, possono essere di vario tipo: otologiche, neurologiche, farmacologiche, vascolari, articolari e muscolari. Solo in seguito a un’accurata analisi da parte dell’otorinolaringoiatra e di un team multidisciplinare (odontoiatra, tecnico audiometrista, nutrizionista, psicologo, osteopata) sarà possibile determinare la reale origine e, con essa, i rimedi ma soprattutto le cure.

Dal punto di vista nutrizionale la letteratura scientifica ha evidenziato diversi composti chimici di uso comune, presenti negli alimenti, come potenziali induttori o facilitatori di acufene.

Tra questi si annoverano: gli addolcitori utilizzati in sostituzione degli zuccheri e gli esaltatori di gusto come il glutammato monosodico (sale sodico dell’acido glutammico) ovvero un amminoacido naturale presente in quasi tutti gli alimenti (carne, pesce, prodotti caseari ed alcune verdure). Oggi, però, il glutammato monosodico utilizzato dall’industria alimentare non naturale perché viene ottenuto completamente grazie alla fermentazione controllata.

Focalizzarsi su questi costituenti alimentari è fondamentale là dove il problema dell’acufene si genera da squilibri idroelettrolitici.

Nella Sindrome di Méniére, per esempio, si ritiene vi sia un ipotetico squilibrio chimico nella matrice acquosa dell’orecchio interno con conseguente idrope, pressione eccessiva, del liquido in questione. La corretta alimentazione sarebbe in questo caso finalizzata al tentativo di ridurre l’idrope. Nei casi di acufeni neurologici dati, invece, da spasmi del muscolo stapedio e del muscolo tensore del timpano i rimedi nutrizionali vanno ricercati nell’assunzione di alcuni semplici oligoelementi quali calcio e potassio che vengono reintegrati con cibi ricchi in questi.

Nell’ acufene neurologico, dovuto ad emicrania, o nell’ acufene gravidico una dieta iposodica ed iperidrica sono fondamentali per coadiuvare le terapie farmacologiche nel ripristino della corretta circolazione sanguigna, consentendo il riequilibrarsi della pressione intrauricolare.

Cosa si intende, però, per alimentazione iperidrica ed iposodica? La locuzione iperidrica indica una alimentazione ricca d’acqua (2,5 – 3 litri al dì), che viene prescritta per facilitare l’eliminazione delle tossine legate alle cellule connettivali. Con alimentazione iposodica si indica, invece, una alimentazione povera di sodio. L’apporto di sodio attraverso l’alimentazione avviene sia per via discrezionale (con la quale si intende il sodio che è contenuto nel sale che viene utilizzato in cucina oppure a tavola) che per via non discrezionale ( in questo caso ci si riferisce al sodio presente negli alimenti sia naturalmente sia a motivo delle lavorazioni industriali). Le categorie alimentari a rischio sono: i cibi conservati sotto sale, per esempio le acciughe, o quelli con la denominazione “salato”, per esempio arachidi salate, i formaggi e i salumi (si va da 2,6 g di sodio per il prosciutto crudo agli 0,7 del prosciutto cotto), i corn flakes (i cereali per la prima colazione sono spesso molto ricchi di sale perché aumenta l’appetibilità del prodotto), le patatine, la pizza, i liofilizzati, la margarina e le salse.

La quota normale di sodio, ovvero la dose raccomandata in Italia dal Ministero della Sanità, è compresa tra i 600 e 3500 milligrammi al giorno (mg/die).

Indicazioni nutrizionali per iniziare una dieta iperidrica ed iposodica:

  1. Ridurre l’apporto totale di sodio a non più di 1750 mg/die (meno di 2g).
  2. Bere oltre 2 litri di acqua iposodica (cioè contenente non oltre 5 mg/litro di Na+) al giorno.
  3. Evitare i cibi confezionati o lavorati ad alto contenuto di sale e di sodio.
  4. Utilizzare unicamente prodotto da forno (pane, grissini, fette biscottate e biscotti) sapidi.
  5. Eliminare l’assunzione di pesce di mare, dei crostacei e dei molluschi (si può consumare unicamente il pesce d’acqua dolce).
  6. Evitare tutti i salumi, gli insaccati e i formaggi (l’unica eccezione riguarda la ricotta dolce fresca)
  7. Assumere unicamente dolci fatti in casa. Attenzione a non utilizzare lieviti contenenti bicarbonato di sodio
  8. Cucinare riso o pasta in acqua non salata;
  9. Condire con olio e spezie naturali.
  10. Evitare le seguenti verdure: carote, carciofi, sedano, spinaci, finocchi e asparagi.
Acufene approccio osteopatico

Il trattamento osteopatico per l’acufene

L’approccio osteopatico ha una considerazione globale dell’individuo e di come le alterazioni di alcune strutture possano dare origine a uno stato disfunzionale, traducendosi in sintomi di dolore e di fastidio. Considerando che l’acufene non ha un’origine unica e definita su cui intervenire in modo mirato, l’approccio globale dell’osteopatia è tra i più efficaci. Il tinnitus o acufene è una percezione sonora in assenza di stimolazione fisiologica dei recettori della coclea, definita dal paziente come “un fischio, un sibilo, un fruscio”.

Alcuni tipi di acufeni possono derivare da disfunzioni dell’articolazione temporo-mandibolare (Atm) di tipo funzionale, che richiedono un trattamento osteopatico associato al trattamento ortodontico e gnatologico.

Una disfunzione osteopatica della mandibola può influenzare in maniera diretta o indiretta il corretto funzionamento dell’orecchio, è può essere causa o adattamento di uno squilibrio ascendente, discendente o misto delle catene muscolari. La mandibola e la lingua insieme con l’osso ioide, influenzano principalmente la catena muscolare anteriore, mentre l’osso mascellare in sinergia con le altre ossa del cranio, maggiormente la catena muscolare posteriore. Per la stretta sinergia strutturale tra il cranio, la mandibola e la colonna vertebrale e le sue connessioni con le altre parti del corpo, le disfunzioni osteopatiche funzionali in queste strutture possono generare ripercussioni anche a distanza, e potrebbero contribuire a modificare anche l’appoggio del piede.

Muovendo anche solo un componente della struttura si modifica tutto il sistema. La proposta osteopatica è mirata quindi alla valutazione e al trattamento funzionale delle strutture cranio-cervicali, agendo sulla componente muscolo-scheletrica della base della testa e dell’area cervicale.

Il legamento di Pinto collega, chiamato legamento anteriore del martello, collega l’orecchio medio alla mandibola. Questo legamento percorre la cavità dell’Atm e la cavità dell’orecchio, collegando il martello alla parte posteriore del disco. Il disco così viene forzatamente spostato in avanti, causando uno stato di continua tensione sul martello. Il cattivo funzionamento dell’orecchio può dipendere da queste tensioni legamentose, dove la membrana timpanica potrebbe essere sensibilizzata. Inoltre, anche a livello muscolare c’è un collegamento tra orecchio esterno e articolazione temporo- mandibolare tramite il muscolo pterigoideo.

Da questa breve descrizione anatomica si evince che in alcuni pazienti le problematiche dell’udito, come l’acufene, o le alterazioni dell’equilibrio, come alcuni tipi di vertigini periferiche, possono essere conseguenti a disfunzioni dell’Atm.

Esiste una certa varietà di valutazione diagnostica in merito agli acufeni, ma i test che interessano la valutazione osteopatica e gnato-posturale sono: il test alla Verticale di Barrè, l’esame al podoscopio, il test di Romberg Posturale, il test di Fukuda della marcia sul posto, l’esame baropodometrico, il test dei rotatori esterni, i test di convergenza oculare, i test craniali, l’esame stabilometrico, i test specifici dell’Atm e i test della deglutizione.

L’osteopata mediante le sue tecniche manuali, strutturali, miofasciali, viscerali e cranio-sacrali è in grado di riequilibrare tutto il sistema, ripristinando le condizioni fisiologiche del paziente.

Obiettivo dell’osteopata è quello di ripristinare la corretta fisiologia e funzione di tutti quegli elementi che sono all’origine dell’acufene mediante una serie di trattamenti che agiscono sulla componente muscolo-scheletrica della base della testa e dell’area cervicale, sulle membrane intracraniche (meningi) e sui fluidi che scorrono nell’ambito di queste strutture. In particolare il trattamento osteopatico prevede: la normalizzazione cranio-sacrali; il drenaggio del liquido cefalorachidiano; il drenaggio venoso della Dura Madre; il drenaggio dell’orecchio interno: il riequilibrio della sincondrosi sfeno-basilare; il riequilibrio del sacro; il riequilibrio generale delle ossa del cranio ed in particolare delle ossa temporali, suture e muscoli annessi; tecniche intra-buccali specifiche, tecniche specifiche osteopatiche in ambito otorinolaringoiatrico e stomatognatico; tecniche osteopatiche globale e il riequilibrio dei tre diaframmi.

Solo dopo la valutazione Osteo-gnato-posturale, viene impostato insieme con l’ortognatodontista, il piano di trattamento osteopatico.

Dopo il primo trattamento viene consegnato un protocollo di esercizi per la rieducazione dell’Atm da svolgere a casa. Nei trattamenti successivi, dopo aver rivalutato il paziente, se ritenuto opportuno si procede alla progettazione e applicazione di eventuali apparecchi ortodontici o gnatologici. Inoltre, per il raggiungimento di risultati positivi serve un monitoraggio costante del paziente con controlli periodici.

Il trattamento dei pazienti acufenici è molto complesso e richiede necessariamente un lavoro di squadra tra otorinolaringoiatra, ortognatodontista e osteopata poter raggiungere il miglior risultato terapeutico.

Relazione tra acufene e disfunzioni dell’Articolazione Temporo Mandibolare

Gli acufeni che hanno origine da disfunzioni dell’articolazione temporo mandibolare sono in una percentuale di casi variabile tra il 25% e il 65%. Questa associazione tra le due malattie è possibile per il comune sviluppo embriologico dell’orecchio medio con il sistema trigeminale della mandibola. Si sospetta un’origine da disfunzioni dell’articolazione temporo mandibolare se si osservano sintomi associati di alterazione del movimento mandibolare, rumori alle articolazioni temporo mandibolari, dolori facciali e mandibolari, otalgia e dolori cervicali.

Alcune caratteristiche dell’acufene possono far ipotizzare un ruolo patogenetico dell’articolazione temporo mandibolare e orientare di conseguenza la terapia.

Anzitutto in questi casi l’acufene è riferito prevalentemente dallo stresso lato dell’articolazione interessata. I pazienti che presentano acufeni legati all’ATM, oltre a sintomi locali che riguardano strettamente l’articolazione (asimmetrie facciali, malocclusioni dentarie, bruxismo, contratture ai muscoli masticatori) possono riferire una vasta gamma di sintomi, alcuni chiaramente non legati all’orecchio, quali mal di testa, dolori facciali, dolori cervicali, lombosciatalgia, ma anche altri di abituale pertinenza otorinolaringoiatrica: senso di ovattamento, prurito e dolore auricolare, instabilità posturale e vertigini. La presenza di sintomi apparentemente legati all’orecchio potrebbe ancora più chiaramente orientare verso un caso di acufene legato a disfunzione dell’articolazione temporo mandibolare quando l’otorinolaringoiatra ha escluso cause di sua competenza.

L’indagine nei confronti dell’articolazione temporo mandibolare deve essere approfondita specialmente nei casi in cui alla presenza dell’acufene non corrisponda una possibile causa otologica.

Le articolazioni temporo-mandibolari sono le giunzioni tra le ossa temporali del cranio e l’osso mascellare inferiore. In un soggetto sano i condili mandibolari si collocano al centro della cavità glenoide dell’osso temporale che li accoglie, in rapporto prevalente con la parete antero superiore. Fra le superfici articolari è interposto un disco detto menisco. Condilo e menisco dovrebbero muoversi in sinergia durante l’apertura della bocca. Ma si possono verificare delle condizioni di natura infiammatoria e degenerativa che vanno ad interessare le articolazioni temporo mandibolari, la muscolatura mandibolare e le strutture che con esse contraggono rapporti anatomo-funzionali.

L’origine dei disordini temporo mandibolari è multifattoriale, per sovrapposizione di malocclusione dentale, fenomeni biologici e psicologici, traumi, stili di vita predisponenti.

I disordini temporo mandibolari si possono riassumere in due categorie: disturbi muscolari (spasmi contratture, trigger point, dolori muscolari spesso associati a bruxismo e serramento) e patologie articolari che possono essere intracapsulari quando interessano l’articolazione ed extracapsulari quando colpiscono i legamenti esterni dell’ATM. Le patologie intracapsulari si distinguono in:

  • Click o incoordinazione condilo meniscale riducibile, quando il menisco dislocato in avanti viene ricatturato durante l’apertura della bocca.
  • Incoordinazione condilo meniscale irriducibile, quando il menisco dislocato in avanti non viene ricatturato.
  • Blocco temporo mandibolare, è una incoordinazione discale irriducibile che evolve in una limitazione mandibolare improvvisa associata a dolore articolare importante.
  • Artrosi temporo mandibolare, è malattia cronica degenerativa che porta all’usura e/o alla perforazione menisco articolare, all’alterazione delle superfici articolari e cartilaginee, e alla formazione di osteofiti.

Le patologie extracapsulari si distinguono in:

  • Sublussazione condilo mandibolare, quando il condilo avanza per aumentata elasticità della capsula e dei legamenti esterni, ma non supera i limiti anatomici.
  • Lussazione completa condilo mandibolare, quando il condilo avanza superando i limiti anatomici e si rende necessaria una manovra di sblocco con riposizionamento della mandibola.

Il protocollo terapeutico degli acufeni che hanno un’origine cranio-cervico-mandibolare è complesso.

Dopo la visita del paziente con una anamnesi prossima e remota si prescrive una risonanza magnetica dell’articolazione temporo mandibolare. Contemporaneamente si associano degli esercizi di terapia miofunzionale da fare a casa a dei trattamenti di osteopatia. Una volta esaminata la risonanza magnetica, se necessario, si procede alla costruzione di un dispositivo intraorale, ovvero un bite gnatologico specifico per le problematiche del singolo paziente. Questi dispositivi possono essere classificati in tre grandi categorie:

  • Bite o placca di svincolo, toglie le interferenze occlusali che possono condizionare il movimento mandibolare. Serve a deprogrammare la mandibola e viene fabbricato con una superfice liscia per non creare interferenze con l’arcata antagonista. Bite di questo tipo sono la placca di Federici e il bite di Hawley.
  • Bite o placca di riposizionamento, riposiziona la mandibola in una posizione ben definita e corretta. Questo bite ha dei piani inclinati o delle guide che consentono alla mandibola di andare nella posizione voluta dal clinico. Per fabbricarlo è indispensabile il morso di costruzione che stabilisce appunto la posizione terapeutica. Sono bite di riposizionamento la placca di Farrar e il M.O.R.A. di Gelb (Mandibular Orthopedic Repositioning Appliance).
  • Bite o placca di stabilizzazione, consolidala posizione acquisita con l’utilizzo di altri bite, protesi o trattamento ortodontico. La superfice di questi bite ha contatti ben precisi con l’antagonista che vengono modellati per realizzare un libero e stabile ingranaggio. Tra questa categoria di bite possiamo ricordare la placca di Michigan e l’ortodico di Jenkelson).

I bite gnatologici modificano i rapporti inter-occlusali e identificano la posizione terapeutica corretta fra le due arcate dentarie al fine di rimuovere il possibile conflitto articolazione mandibolare e orecchio.

Sono molte le esperienze nel campo dei disturbi cranio cervico mandibolare riportate dalla letteratura che dimostrano la potenziale efficacia deltrattamento sulla sintomatologia collaterale delle disfunzioni dell’articolazione temporo mandibolare che includono possibilità terapeutiche anche per l’acufene. Per questo è necessaria una diagnosi approfondita e un approccio multidisciplinare tra gnatologo, otorinolaringoiatra e osteopata.

Acufene: aspetti diagnostici, eziologici e terapeutici

L’acufene è un disturbo caratterizzato dalla percezione di una sensazione uditiva anomala in assenza di stimoli esterni. Un fischio, un ronzio, un sibilo localizzato in una o in entrambe le orecchie oppure al centro della testa. L’origine è molto complessa, coinvolge il sistema uditivo periferico, le vie uditive centrali e le aree cerebrali destinate all’elaborazione delle emozioni e dell’attenzione.

10 persone su 100 soffrono di acufene cronico, 2 persone su 100 lo descrivono come una tortura insopportabile con gravi conseguenze sulla qualità della vita.

L’obiettivo di tutti gli acufenici deve essere quello di imparare a convivere con questo disturbo fino ad arrivare a diminuire la percezione e ridurre l’effetto dell’acufene al di sopra della soglia di sopportazione di ciascun paziente. Nel selezionare un programma terapeutico efficace il ruolo del paziente è fondamentale per comprendere le cause che scatenano l’acufene.

L’acufene può essere il prodotto di svariate patologie anche lievi. L’orecchio svolge un ruolo importante ma tutto l’organismo può contribuire a generare e mantenere questo fastidioso disturbo.

Il paziente, dunque, deve essere valutato e visitato nella sua totalità affinché possa conoscere, in tempi rapidi, la causa del suo sintomo e il relativo percorso terapeutico da seguire per migliorare la qualità di vita. Il Centro Siciliano Acufene, che dal 2010 si occupa della diagnosi, della terapia e della riabilitazione dell’acufene, si avvale di un approccio multidisciplinare grazie alla collaborazione della Dr.ssa Cristina Vitale, ortodontista e gnatologa, del Dr. Gianluca Barca, osteopata, della Dr.ssa Milena Samperi, psicoterapeuta, del Dr. Eliseo Stefano Maini e del Dr. Fabio Morabito per la consulenza audioprotesica.

Le cause dell’acufene possono essere molteplici: otologiche, vascolari, odontoiatriche, virali, metaboliche, neoplastiche e psicologiche.

Per quanto riguarda le cause che interessano l’orecchio dobbiamo distinguere quelle che riguardano l’orecchio esterno (tappo di cerume, otite esterna e osteoma); l’orecchio medio (otite media catarrale, otite acuta, otite cronica con perforazione della membrana timpanica, otite cronica colesteatomatosa e otosclerosi) e l’orecchio interno (trauma acustico acuto e cronico, sordità idropiche fluttuanti, sindrome di Meniere, sordità improvvisa, barotraumi, presbiacusia, fratture della rocca petrosa, sordità da farmaci ototossici). Il trauma acustico è una delle cause più comuni dell’acufene. Si tratta di un’esposizione, anche se per breve tempo, a intensità sonore superiori a 95 db oppure di un’esposizione a un rumore di intensità minore ma per periodi prolungati. Il trauma acustico determina un danno irreversibile delle cellule ciliate della coclea, ma ci deve essere una predisposizione genetica perché non tutti i soggetti che accusano un trauma acustico sviluppano l’acufene.

L’acufene è spesso associato a un calo uditivo dovuto a una lesione cocleare. La perdita uditiva è un fattore predisponente, ma non genera obbligatoriamente l’acufene.

Da una ricerca condotta dall’Università di Vienna, pubblicata su Occupational and Environmental Medicine, è emerso che i ronzii sono per oltre il 70% più presenti nelle persone che utilizzano il cellulare per più dieci minuti al giorno. Dallo studio è, inoltre, emerso che l’uso del cellulare per più di quattro anni può raddoppiare la probabilità di insorgenza dell’acufene, e per 160 ore in totale può determinare un aumento del rischio del 60%. Una prima ipotesi spiegherebbe l’insorgenza dell’acufene in base alla postura che assumiamo quando parliamo al cellulare, mentre una seconda ipotesi fa riferimento alle onde radio che disturbano la coclea.

La diagnosi è fondamentale per indagare la causa che genera l’acufene e trovare una terapia efficace e adatta al singolo paziente.

Il primo passo è sottoporre il paziente ad un esame “obiettivo” di valutazione della membrana timpanica del paziente. Dopo aver ricostruito l’anamnesi del paziente si passa ad effettuare gli esami soggettivi: l’esame audiometrico liminare, che valuta l’intellegibilità verbale, e l’esame audiometrico vocale, che valuta la capacità uditiva. Si sottopone il paziente a tutti gli esami strumentali d’indagine audiologia come l’esame impedenzometrico, un esame oggettivo che studia il riflesso stapediale e rileva eventuali anomalie della catena ossiculare; il test dei potenziali evocati uditivi (ABR), un esame oggettivo che valuta la soglia uditiva e identifica la sede della lesione lungo la via uditiva nervosa; il test delle otoemissioni acustive (DPOAE), un esame oggettivo che permette di rilevare la regione della coclea anche minimamente lesionata; l’acufenometria, un test soggettivo che determina la tonalità e l’intensità dell’acufene. Successivamente si passa agli esami radiologici, non ancora inseriti nel protocollo diagnostico, in particolare la risonanza magnetica funzionale (FMRI), l’angiorisonanza, la Tac delle rocche petrose, la magnetoencefalografia, (PET).

Dopo aver visionato i vari responsi specialistici, si procede a programmare il trattamento terapeutico-riabilitativo più idoneo al paziente in osservazione.

Per trattare il paziente acufenico bisogna possedere esperienza diretta, ragionamento clinico, conoscenza dell’anatomia e della fisiologia dell’orecchio. Per questo bisogna rivolgersi a un team di specialisti esperti che progetta un percorso multidisciplinare per il trattamento e la riabilitazione del paziente acufenico. Il trattamento dell’acufene si avvale, dunque, delle terapie farmacologiche classiche con ansiolitici e antidepressivi, delle terapie farmacologiche complementari e alternative con vitamine e antiossidanti, delle terapie non convenzionali come Tens, agopuntura, ipnosi e terapie fisiche, terapie psicologiche, stimolazione magnetica transcranica, laser terapia.

La terapia più accreditata è la TRT. La terapia del suono consiste in una stimolazione acustica che determina il mascheramento totale o parziale dell’acufene e il ripristino del funzionamento delle vie nervose.

La stimolazione acustica, eseguita con l’ausilio di generatori di suoni ambientali o amplificatori protesici, sfruttando la plasticità neuronale attiva dei meccanismi di rimodellamento delle vie uditive che si traduce in allenamento e abitudine all’acufene da parte del paziente il quale ottiene un notevole miglioramento della sua qualità di vita. Quindi la TRT è una terapia di riallenamento o di riprogrammazione dei filtri cerebrali, sotto corticali, con finalità di amplificare o attenuare i segnali sonori prima di inviarli al cervello, riducendo o eliminando il fastidio dell’acufene. La TRT deve essere impostata e seguita da personale medico esperto in terapia degli acufeni e costantemente aggiornato. Le fasi che inducono l’abitudine sono il “counseling riabilitativo”, che consiste in una seduta di apprendimento dei meccanismi neurofisiologici della TRT, e la terapia del suono, che si effettua con diversi dispositivi sonori scelti caso per caso.

Concludendo l’acufene può essere trattato con terapie farmacologiche, a tal proposito esistono diversi protocolli farmacologici, trattamenti non convenzionali, uno tra tutti l’agopuntura, trattamenti chirurgici otoneurochirurgici, qualora la patologia responsabile dell’acufene lo richiedesse, trattamenti osteopatici ed ortodontici qualora la causa risiede in alterazioni dell’assetto cranio-cervico-mandibolare e trattamenti riabilitativi come la terapia del suono, e tra questi la più accreditata è la TRT.

CSA e B2Pharma insieme per la cura dell’acufene. Al via uno studio scientifico su un nucleotide

L’acufene è la percezione di una sensazione uditiva anomala in assenza di stimoli esterni. È la percezione di un sibilio, di un ronzio, di un fischio localizzato in uno o entrambi gli orecchi oppure al centro della testa o nella testa. L’origine dell’acufene è complessa, coinvolge infatti il sistema uditivo periferico, le vie uditive centrali e le aree cerebrali destinate all’elaborazione delle emozioni e dell’attenzione.

Per quest’ultimo motivo il CSA e la B2Pharma hanno intrapreso uno studio scientifico che vede come protagonista un NUCLEOTIDE.

Il CSA definito Centro Siciliano Acufene: Diagnosi, Terapia e Riabilitazione per l’Acufene si avvale della competenza professionale di molti specialisti, seri professionisti sempre aggiornati in ambito audiologico, otorinolaringoiatrico, gnatologico, osteopatico, psicoterapico, neurologico, neurochirurgico, radiologico ed internistico in genere. La sinergia tra queste diverse figure è essenziale e fondamentale poiché l’acufene spesso è dovuto a più cause.

Nel CSA il paziente che riferisce acufene oltre ad essere visitato, viene sottoposto a tutti gli esami diagnostici del caso e viene riabilitato e curato.

Consapevoli della complessità di tale disturbo e della carenza di strutture sanitarie e del personale medico indirizzato allo studio e alla cura dell’acufene, il CSA dal 2010 è impegnata a svolgere un’azione continua anche in ambito medico, sensibilizzando i medici di base e i medici specialisti che si scontrano giornalmente con il sintomo “acufene”, mediante l’organizzazione sul territorio d’incontri, convegni e congressi ECM. Da molti anni si porta avanti con successo un programma di diagnosi e trattamento medico-riabilitativo degli acufeni di tipo “integrato” che si avvale cioè di un moderno approccio multiterapeutico, senza necessità di ospedalizzare il paziente. In tale programma non è trascurato l’aspetto farmacologico e l’aspetto stimolatorio su base fisiologica dando grande spazio alle nuove e moderne tecniche di riabilitazione fisiologica “attiva” e alla ricerca scientifica per trovare e progettare terapie farmacologiche e riabilitative sempre più efficaci.

La B2PHARMA è un’azienda farmaceutica siciliana molto impegnata sul territorio, nella continua ricerca scientifica a diversi livelli e in particolare in ambito neurologico e vascolare.

L’Acufene è un sintomo invalidante che colpisce dieci persone su 100, due persone su 100 descrivono questo sintomo come una tortura insopportabile, con gravi conseguenze e una vita inaccettabile. Le cause dell’acufene possono essere svariate, tutto l’organismo può contribuire a generare questo disturbo e nel caso in cui la causa è otologica, l’intero organismo può contribuire a mantenerlo nel tempo facendolo divenire cronico.

Per tutti questi motivi, CSA e B2PHARMA hanno deciso di contribuire con la ricerca scientifica a migliorare la qualità di vita di questi pazienti, studiando gli effetti di un nucleotide, con azione neurotrofica e neuroprotettiva, nei pazienti acufenici.

I nucleotidi sono unità ripetitive degli acidi nucleici, DNA e RNA.

Sono formati da una base azotata (che può essere purinica o pirimidinica) e uno zucchero a cinque atomi di carbonio; la coppia base azotata più zucchero viene identificata come NUCLEOSIDE; nel legame di un gruppo fosfato o residuo fosforico al nucleoside si forma il NUCLEOTIDE.
Lo Studio che B2Pharma e il CSA desiderano svolgere valuterà in pazienti acufenici gli effetti di un NUCLEOTIDE che si trova nell’RNA: l’Uridina Monofosfato.

Gli acidi nucleici (DNA ed RNA) sono composti formati da molecole di grandi dimensioni e presenti nel nucleo cellulare di tutti gli organismi viventi. Rivestono fondamentale importanza biologica in quanto sono depositari dell’informazione genetica e della sua trasmissione di generazione in generazione, nonché responsabili della direzione e del controllo della sintesi delle proteine (sintesi proteica) necessarie alla vita degli organismi.
La molecola di RNA in particolare è formata da un solo filamento avvolto a elica, mentre il DNA è costituito da due filamenti di nucleotidi collegati da legami a idrogeno e avvolti in un’unica doppia spirale, nota come doppia elica.
Esistono vari tipi di RNA con varie funzioni specifiche; Le due tipologie principali di RNA sono:

  • RNA-messaggero (m-RNA) dove vengono trascritte le informazioni del DNA
  • RNA di trasporto (t-RNA) responsabile della traduzione delle informazioni dell’m-RNA nella sintesi corretta delle proteine, attraverso l’unione di amminoacidi nella giusta successione.

Le proteine sono molecole che svolgono diverse funzioni; ai fini del nostro studio è importante soffermarsi sulle proteine strutturali, quali le proteine di membrana che hanno per esempio la funzione della strutturazione della membrana cellulare, di supporto meccanico e di movimento ciliare
In particolare l’RNA (Acido Ribonucleico) aiuta ad agevolare la traslazione delle proteine verso le sinapsi neuronali motivo per il quale abbiamo deciso di intraprendere questo studio scientifico nei pazienti che riferiscono rumore all’orecchio, ronzio, sibilo, sintomo invalidante che riduce notevolmente la qualità di vità di questi pazienti.

L’uridina, il nucleotide prescelto nel nostro studio, si trova in natura in alcuni cibi tra cui broccoli, lievito, pomodori e zucchero di canna e viene anche prodotto in piccolo quantità dal fegato; se associato a lipidi e con gruppi di fosfati agisce potenziando i propri effetti.

L’Uridina monofosfato è assorbita a livello gastroenterico ed è capace di superare la barriera emato-encefalica. Dopo somministrazione orale viene generalmente assorbita dal tratto gastrointestinale e supera la barriera ematoencefalica. Evidenze di letteratura infatti dimostrano l’assorbimento e la presenza a livello centrale dell’uridina dopo somministrazione orale. Inoltre dati di letteratura dimostrano l’aumento cerebrale, a seguito di somministrazione orale di uridina monofosfato, degli intermedi del ciclo di Kennedy considerati subustrati limitanti per la produzione di fosfatidilcolina: il principale fosfatide costituente le membrane neuronali.

L’uridina monofosfato pertanto, intervenendo nel ciclo di Kennedy, induce un aumento della fosfatidilcolina che si traduce in un suo spiccato effetto neurotrofico.

Grazie a questa sua azione neurotrofica, l’uridina favorisce la formazione delle membrane neuronali e la riparazione dei nervi.
L’associazione dell’uridina con L-Acetilcarnetina e Acido Alfa-Lipoico, molecole con comprovata azione antiossidante e neuroprotettiva, mostra un forte effetto sinergico nella rigenerazione delle fibre nervose danneggiate.

Anche altri tipi di terapia, soprattutto riabilitative, si basano sulla riprogrammazione dei filtri cerebrali e sul miglioramento della trasmissione dello stimolo nervoso, ma l’uridina, insieme ad altri cofattori, in quest’ultimo caso si è mostrata molto efficace, in particolar modo, nella formazione di sinapsi e neuriti formati da membrane neuronali, influenzando quindi la plasticità sinaptica e consequenzialmente la trasmissione dello stimolo nervoso.

Vi terremo costantemente aggiornati riguardo, teorie, meccanismi fisiopatologici e risultati ottenuti da questo studio scientifico.

Il programma terapeutico nei pazienti acufenici va individualizzato per le esigenze del singolo paziente e spesso è particolarmente utile abbinare metodi diversi e supporti farmacologici efficaci nei casi vi sia una precisa indicazione. Il CSA in collaborazione con aziende farmaceutiche, in questo caso con la B2PHARMA, sono in grado di mettere a punto e personalizzare innovativi protocolli riabilitativi rivolti a modificare attivamente la “reazione” del soggetto alla presenza dell’acufene e a ridurre l’intensità del disturbo aumentandone la tollerabilità.