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Guarire dall'Acufene: i risultati dei protocolli multidisciplinari del Centro Siciliano Acufene

Guarire dall’Acufene: i risultati dei protocolli multidisciplinari del CSA

«Posso guarire dall’acufene?»: è la domanda che più spesso viene posta dai pazienti che soffrono di tinnito, una condizione caratterizzata dalla percezione di suoni come ronzio, fischio o sibilo senza una fonte esterna. Non esiste una cura che valga per tutti, ma affidarsi a specialisti competenti può fare la differenza. Il Centro Siciliano Acufene è lieto di presentarvi i risultati ottenuti in questi anni di duro ed impegnativo lavoro, per trattare e curare le persone con acufene. Questi risultati sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Frontiers e presentati a Firenze al primo Colloquium sulla Ricerca e Innovazione in Sanità presso il Centro Studi Sapis e dall’Ordine tsrm-pstrp Nazionale. Sono i risultati eccellenti che il Centro Siciliano Acufene ha ottenuto nei pazienti acufenopatici che sono stati trattati e riabilitati con terapia sonora mediante sistema digitale combinato e che provengono da una ampia casistica di pazienti pervenuti alla nostra osservazione non solo dalla Sicilia, ma da tutta Italia.

Lo studio: un decennio di dati del Csa

Il nostro lavoro si basa sui dati raccolti dal team tra il 2013 e il 2023, su un campione di 198 pazienti trattati con la Tinnitus Retraining Therapy (TRT). L’obiettivo è duplice: sottolineare l’importanza cruciale di lavorare all’interno di un team multidisciplinare e interprofessionale per il trattamento dei pazienti con acufene e fornire la prospettiva del tecnico degli apparecchi acustici per il trattamento dei pazienti che si sottopongono alla Tinnitus Retrining Therapy (TRT).

L’importanza di un approccio multidisciplinare

L’acufene è un sintomo che ha una eziologia multifattoriale; pertanto un corretto percorso diagnostico-terapeutico deve essere multiprofessionale e interdisciplinare. L’analisi degli sviluppi clinici-riabilitativi individuali del campione portano a identificare l’approccio multidisciplinare come una necessità primaria. Infatti, basandosi sulle osservazioni cliniche dei pazienti trattati, è emerso che la collaborazione di più professionisti su ciascun caso porta a risultati ampiamente più soddisfacenti, facilitando l’approccio terapeutico del paziente e offrendo una varietà di opzioni scientifiche non raggiungibili attraverso approcci isolati. Rivolgetevi ad equipe multidisciplinari formate da professionisti, da specialisti in diverse branche che studiano continuamente, si aggiornano e producono sempre nuovi protocolli riabilitativi e farmacologici per trattare l’acufene. Ciascun professionista della equipe esegue prima la diagnosi e successivamente confrontandosi indicano in maniera mirata il trattamento riabilitativo o farmacologico o chirurgico per questo sintomo invalidate.

L’efficacia della Tinnitus Retrining Therapy

La Tinnitus Retrining Therapy (TRT) è una delle terapie più riconosciute a livello internazionale. La TRT si basa sulla plasticità del cervello e mira a far abituare il cervello al suono dell’acufene fino a renderlo ininfluente. Molti pazienti hanno riscontrato una riduzione significativa dei sintomi grazie a questa terapia. Nel campione di questo studio, composto da 198 pazienti, è stato verificato che la manifestazione sintomatica dell’acufene è stata ridotta in modo statisticamente significativo (p<0,01), con una riduzione del THI (Tinnitus Handicap Inventory) del 30% nei primi 30 giorni e mai superiore al 15% del punteggio iniziale alla fine del trattamento.​

Dall’acufene si può guarire! I risultati del Centro Siciliano Acufene evidenziano l’importanza di un approccio multidisciplinare per il trattamento dell’acufene e l’efficacia della TRT nel migliorare la qualità della vita dei pazienti. Rivolgersi a specialisti competenti è fondamentale per ottenere risultati positivi nella gestione di questa condizione.
Prenota una consulenza al Centro Siciliano Acufene per valutare tutte le opzioni diagnostiche, terapeutiche e riabilitative disponibili.

Diverticolo del Golfo della Giugulare in paziente con Acufene: un caso di rara anomalia anatomica

Ancora un altro caso clinico raro studiato presso il Centro Siciliano Acufene: il diverticolo del Golfo della Giugulare. Si tratta di una rara anomalia anatomica caratterizzata dalla protrusione della parete della vena giugulare interna nel Golfo della Giugulare. Questa condizione può presentarsi in vari modi clinici, tra cui l’acufene pulsante, un sintomo debilitante che condiziona negativamente la qualità di vita del paziente.

Cosa sono le vene giugulari?

Le giugulari sono i vasi sanguigni venosi che mettono in comunicazione le vene della testa con le vene succlavie. Le vene succlavie sono le vene che precedono le vene brachicefaliche, le quali terminano il loro decorso nella vena cava superiore; la vena cava superiore è il grosso vaso sanguigno venoso che raccoglie tutto il sangue proveniente dalla porzione sopradiaframmatica del corpo umano e lo immette nel cuore. All’interno delle giugulari, scorre il sangue che ha da poco ossigenato il cervello e gli altri tessuti della testa. Esistono le giugulari esterne che raccolgono il sangue che ha irrorato la parte esterna del cranio e i tessuti più profondi della faccia, e le giugulari interne che invece raccolgono il sangue che ha irrorato il cervello, le meningi, i tessuti superficiali della faccia e del collo.

Qual è la funzione principale delle vene giugulari?

Nelle vene giugulari scorre sangue povero di ossigeno, sangue che ha da poco ossigenato il cervello e le altre strutture della testa e che deve fare ritorno al cuore, per una sua riossigenazione. Per quanto concerne il decorso delle vene giugulari interne, queste originano alla base del cranio, nel punto in cui avviene il congiungimento del cosiddetto seno petroso inferiore e del cosiddetto seno sigmoideo. Quindi la funzione delle vene giugulari è importantissima perché contribuiscono al ritorno nel cuore del sangue che ha da poco ossigenato i vari organi e tessuti della testa.

Quali strutture anatomiche sono in stretta relazione con le vene giugulari?

Il sangue privo di ossigeno rientra nell’atrio destro del cuore, attraverso la vena cava superiore; una volta nell’atrio destro, l’organo cardiaco, grazie alla sua capacità contrattile, lo immette prima nel ventricolo destro e poi nei polmoni. Nei polmoni il sangue povero di ossigeno si ossigena nuovamente e rientrando nel cuore, grazie al ventricolo sinistro, viene pompato in circolo nel sistema arterioso
per poter essere trasportato ai vari organi. Il golfo della giugulare è il punto dove convergono sia il seno sigmoideo che il seno petroso inferiore. Viene chiamato golfo perché è rappresentato da una profonda escavazione nell’osso occipitale. Il golfo raccoglie tutto il sangue che deve essere drenato dalla vena giugulare interna.

Quale relazione con l’acufene?

Il paziente pervenuto alla nostra osservazione per riferiti acufeni persistenti, intensi e pulsanti, a sinistra, è stato sottoposto a visita specialistica a 360 gradi e ad indagini strumentali non solo audiologici di I e II livello, ma anche radiologiche mirate per poter studiare il caso clinico in maniera accurata. Dalle indagini strumentali siamo riusciti a formulare una diagnosi di patologia rara, ossia abbiamo rilevato, con l’ausilio di strumenti altamente all’avanguardia, “la presenza del Golfo della giugulare di sinistra ampio che si spinge in alto presentando dilatazione pseudodiverticolare, protrundendo nella cassa del timpano, con parziale espansione del condotto acustico interno”. Questa variazione anatomica colpisce circa il 5% delle rocche petrose. Si tratta di espansioni digitali della cupola giugulare sviluppate in una zona triangolare di minima resistenza ossea, delimitata anteriormente dal bordo posteriore della carotide interna, posteriormente dalla parete posteriore della rocca e internamente dal meato uditivo interno. Esso determina un acufene pulsatile omolaterale che aumenta in tutte quelle condizioni che richiedono sforzo, e che varia con i cambiamenti di posizione della testa, oltre a determinare ipoacusia trasmissiva o mista per blocco della catena degli ossicini. Diminuisce alla compressione cervicale delicata occludendo la vena giugulare interna.

Quali trattamenti?

Queste anomalie anatomiche rare possono essere diagnosticate solo se il paziente viene studiato in maniera olistica da una equipe multidisciplinare che si occupa di diagnosi, trattamento e riabilitazione dell’acufene, grazie anche all’uso di strumenti diagnostici spesso di riscontro non comune e altamente all’avanguardia. La terapia in questo caso è chirurgica, infatti il paziente tra qualche giorno farà una valutazione neurochirurgica e chirurgica vascolare con i professionisti medici che collaborano con il Centro Siciliano Acufene. Successivamente verrà immediatamente sottoposto a riabilitazione sonora con sistema digitale combinato per poter riabilitare il suo acufene e contestualmente migliorare notevolmente la sua qualità di vita.

Non ignorare l’acufene! Se soffri di acufene, potrebbe essere importante considerare una valutazione approfondita per identificare possibili cause rare come il diverticolo del Golfo della Giugulare. La diagnosi precoce e il trattamento adeguato possono fare una grande differenza nella qualità della vita.
Rivolgiti al Centro Siciliano Acufene per discutere le opzioni diagnostiche e terapeutiche disponibili.

Angiomatosi multipla: una rara condizione associata all’acufene

L’acufene è sempre un campanello dall’allarme che non deve essere sottovalutato. Gli acufeni sono sintomi complessi e multifattoriali, con molteplici possibili cause, tra cui danni all’udito, disturbi neurologici, disturbi vascolari e altri fattori. La casistica di patologie rare e complesse del Centro Siciliano Acufene aumenta e noi siamo sempre più orgogliosi del lavoro minuzioso che svolgiamo a diversi livelli per poter individuare le cause che generano l’acufene e le opzioni di trattamento possibile.

La testimonianza

Questa volta vi raccontiamo la storia di un paziente giovane, pervenuto alla nostra osservazione per acufene persistente che tende con il passare del tempo ad aumentare di intensità. Come sempre, dopo una visita accurata, abbiamo indicato al paziente il percorso diagnostico, che ha eseguito per poter individuare la causa e le concause generanti il suo acufene. Come sempre ha riferito di essersi sottoposto ad altre visite ed indagini diagnostici, senza ottenere risultato, senza ottenere la formulazione della diagnosi. Premetto che lo seguiremo e lo aiuteremo sino a quando la patologia rara diagnosticata verrà trattata da medici competenti, in modo da fargli avere una vita normale. Tutti i medici del Centro Siciliano Acufene, con le loro competenze lo hanno visitato e seguito sino alla formulazione della causa per poter successivamente indicare allo stesso il trattamento riabilitativo su diversi fronti. Questo paziente è stato costante nell’eseguire tutte le indicazioni che gli abbiamo dato, è stato molto collaborativo e ciò ha facilitato il lavoro ai medici del CSA, individuando con più facilità cause e concause dell’acufene.

La causa dell’acufene

Questo paziente purtroppo è affetto da una patologia rara: la angiomatosi multipla, malattia genetica rara a trasmissione autosomica dominante, caratterizzata dalla presenza di angiomi cavernosi multipli a livello dell’encefalo e del midollo. Gli angiomi sono delle anomalie vascolari caratterizzate da una serie di vasi a parete sottile che possono presentarsi in numero variabile da tre a svariate centinaia. Quindi si tratta di malformazioni venose, un agglomerato di vasi a basso flusso, correlate in generale a sintomatologia epilettica, cefalea, fino alle emorragie cerebrali e deficit neurologici, ma determinante anche altri sintomi tra cui l’acufene. In poche parole nelle persone che non presentano tale patologia diciamo che i vasi sanguigni normalmente crescono come alberi, nelle persone con angiomatosi multipla creano invece piccoli nodi dei vasi. Questi nodi sono chiamati “angiomi”. Negli angiomi cavernosi profondi, del tronco encefalico o spinale si assiste a una sintomatologia della regione interessata anche per effetto massa dovuto all’incremento di dimensione degli angiomi stessi. Questa patologia è causata da una anomalia genetica che interessa l’angiogenesi (formazione di nuovi vasi sanguigni) e la permeabilità vascolare. La patologia è rara infatti presenta una incidenza di 0.15-0.56/ 100.000 persone all’anno. La fragile struttura dei vasi che compongono i cavernomi li predispone a rottura con conseguente rischio di emorragia cerebrale.

I sintomi

I sintomi e le manifestazioni possono essere focalizzati o generalizzati, e sono correlati alla sede della lesione. Gli angiomi possono svilupparsi nella retina dell’occhio, in alcune aree del cervello o in altre aree del sistema nervoso, nel midollo spinale, nelle ghiandole surrenali, nei reni o nel pancreas. Tra le manifestazioni più comuni sono elencati:

  • Convulsioni (il più comune)
  • Disturbi della vista (visione offuscata, doppia o riduzione)
  • Senso di stanchezza
  • Debolezza ad un braccio o ad una gamba
  • Paralisi dei muscoli del viso
  • Camminata instabile e tremori
  • Mal di testa
  • Vertigini, acufene, perdita dell’udito
  • Disturbi del linguaggio (disartria) e di comprensione
  • Problemi di memoria e attenzione
  • Irritabilità o cambiamenti di personalità

Gli angiomi cavernosi cerebrali possono rompersi e sanguinare, causando emorragie responsabili di convulsioni o ictus emorragico, potenzialmente anche fatale. In seguito al primo episodio di sanguinamento aumenta il rischio di nuove emorragie, infatti un paziente su cinque andrà incontro a recidiva entro 5 anni. Inoltre i pazienti affetti da angiomatosi multipla sono più predisposti a sviluppare tumori maligni, maggiormente in alcuni organi, per esempio nel rene.

Il trattamento

Le opzioni di trattamento possibili dipendono essenzialmente dalla posizione dei cavernomi, da eventuali episodi di sanguinamento e dai sintomi di cui sono responsabili. L’unico approccio risolutivo è la chirurgia, con l’obiettivo di rimuovere la malformazione prima possibile, soprattutto quando gli angiomi sono di piccole dimensioni per non incorrere a danni cerebrali irreversibili.

L’intervento chirurgico può essere condotto principalmente attraverso due diverse tecniche:

  • neurochirurgia, eseguita in anestesia generale, volta alla rimozione del cavernoma;
  • radiochirurgia stereotassica, che si basa sulla somministrazione di una singola dose concentrata di radiazioni diretta al cavernoma, con l’obiettivo di causarne l’ispessimento ed una successiva cicatrizzazione.

Il nostro paziente farà con urgenza una valutazione neurochirurgica, rivolgendosi a neurochirurghi di fiducia del CSA e successivamente per il trattamento dell’acufene si sottoporrà a riabilitazione sonora per il miglioramento della qualità di vita.

Se stai vivendo con gli acufeni, è essenziale agire tempestivamente! Ricorda che ogni caso di acufene è unico. Una valutazione accurata è fondamentale per identificare la causa dei tuoi acufeni e determinare il trattamento più appropriato.
Prenota una visita specialistica al Centro Siciliano Acufene per una diagnosi e una terapia personalizzata.

I tanti volti dell’Acufene: quando la causa è il reflusso gastroesofageo

I tanti volti dell’Acufene: quando la causa è il reflusso gastroesofageo

Le cause che possono determinare acufene sono oltre 230 e tra le più impensabili. Tra queste c’è anche il reflusso gastroesofageo. È una condizione abbastanza rara, ma non impossibile che il reflusso gastroesofageo si accompagni con acufene, ossia quella condizione in cui si percepiscono fischi, ronzii e tinniti alle orecchie. Il reflusso gastroesofageo, provoca fastidi chiari, come bruciori, difficoltà digestive o rigurgito, facilmente riconoscibili e gestibili da chi ne è affetto. Ma in alcuni casi possono manifestarsi anche i cosiddetti disturbi atipici, cioè non direttamente riferibili alle vie digestive. In questo caso possono comparire proprio i problemi alla gola e all’orecchio. L’acido, passa dallo stomaco all’esofago perché esistono problemi di tenuta dello sfintere esofageo inferiore. Più nel dettaglio, le vie nervose presenti sull’esofago, iperstimolate dal passaggio dell’acido gastrico, possono dare luogo a dolore e pressione all’orecchio. Anche se la correlazione tra acufene, dolore all’orecchio e reflusso gastroesofageo non è sempre facile da riconoscere, ci sono dei segnali a cui prestare attenzione.

Che cos’è l’acufene?

L’acufene è un disturbo caratterizzato dalla percezione di una sensazione uditiva anomala in assenza di stimoli esterni. 10 persone su 100 soffrono di acufene cronico, 2 persone su 100 lo descrivono come una tortura insopportabile con gravi conseguenze sulla qualità della vita. L’analisi degli ultimi dati statistici del Centro Siciliano Acufene conferma che le persone che soffrono di questo disturbo sono in continuo aumento. L’acufene tende a creare un vero e proprio stato invalidante, poiché coinvolge la sfera emotiva e psichica del paziente, la sua vita di relazione, il livello d’attenzione, il ritmo sonno-veglia, le attitudini socio-lavorative, inducendo o potenziando stati ansioso-depressivi.

Quali sono le cause?

Le cause dell’acufene possono essere molteplici: otologiche, vascolari, gnatologiche-odontoiatriche, virali, autoimmunitarie, dismetaboliche, neoplastiche, farmacologiche, neurovegetative e psicologiche per tale motivo bisogna comprendere e inquadrare la causa in maniera globale. Il corpo non può essere considerato a pezzi, per diagnosticare la causa che determina il sintomo acufene il paziente, deve essere valutato e visitato nella sua totalità affinché il paziente possa conoscere, in tempi rapidi, la causa del suo sintomo e il relativo percorso terapeutico per migliorare la propria qualità di vita.

Come si arriva alla diagnosi?

Il paziente affetto da acufene è spesso costretto a navigare tra molti medici, strutture e terapie, alla fine per ricavarne niente fino a credere che davvero se lo debba tenere. Spesso il paziente si rivolge a medici che non possiedono specifiche competenze ne possiedono i mezzi idonei per emettere la diagnosi e quindi la terapia. Nella maggior parte dei casi al paziente si propone solo ciò che rientra nelle proprie conoscenze e possibilità, magari mai aggiornate, mai approfondite, trasmettendo ai pazienti nozioni errate sfiduciandoli nell’intraprendere il giusto percorso diagnostico con conseguenze negative inevitabili sulla terapia. Per trattare il paziente acufenico bisogna possedere esperienza diretta, ragionamento clinico, conoscenza dell’anatomia e della fisiologia dell’orecchio e una preparazione culturale specifica. Il primo passo è sottoporre il paziente a tutti gli esami strumentali attraverso metodiche innovative d’indagine audiologica e radiologica, per escludere la presenza di cause non otoiatriche.

Cosa fare quando la causa è il reflusso gastroesofageo?

È una rara possibilità che il reflusso gastroesofageo possa determinare l’ acufene ma, come sappiamo, il liquido acido del reflusso può passare all’orecchio medio attraverso le tube di Eustachio causando dolore e infiammazione all’orecchio. La testimonianza di un nostro paziente è la prova del nove: il paziente da tanti mesi riferiva un acufene, oltre a reflusso gastroesofageo all’ultimo stadio. Si è sottoposto a tantissime visite e nessuno ha mai pensato ad una possibile correlazione tra acufene e reflusso gastroesofageo. Il reflusso gastroesofageo del paziente comportava una abbondantissima risalita di succo gastrico nelle alte vie respiratorie, sino ad arrivare alla Tuba di Eustachio, determinando una notevole disfunzione della Tuba stessa. L’acufene del paziente aumentava, infatti, dopo i pasti e persisteva ad alta intensità per diverse ore. Il nostro paziente è arrivato dal Nord Italia in uno stato generale assolutamente alterato, molto provato, direi disperato, poiché non riusciva non solo a trovare soluzioni per l’acufene ma anche per il reflusso gastroesofageo. Il paziente è stato studiato a 360 gradi e non solo a livello audiologico, così come facciamo con tutti i nostri pazienti. Oltre a riconoscere come causa dell’acufene il reflusso gastroesofageo, il paziente presentava altre concause tra cui una rinite ipertrofica allergica che comportava ancora di più la disfunzione tubarica e quindi la alterata funzionalità dell’orecchio medio. Il paziente ha subito osservato uno dei nostri protocolli farmacologici per l’acufene associato ad indicazioni mirate prescritte dalla nutrizionista della nostra equipe, la dr.ssa Maria Teresa D’Agostino, per il reflusso gastroesofageo. È stata eseguita anche una decongestione dei turbinati inferiori mediante utilizzo del Laser a Luce Blu. Da subito il paziente ha mostrato miglioramenti oggettivi: l’acufene è scomparso e la sintomatologia gastrica si è azzerata. Il paziente continua la riabilitazione tubarica e si sottopone periodicamente a follow-up.

Acufene

CSA e Centro di Diagnostica del Dr. Fiumara riferimento nazionale per la cura dell’acufene

Poiché le cause di acufene differiscono da persona a persona, non esiste un approccio unico alla cura dell’acufene, ma per ciascun paziente deve essere cucito su misura un percorso terapeutico e riabilitativo. Secondo l’esperienza del Centro Siciliano Acufene (CSA), il tinnito (o acufene) è originato frequentemente dalla presenza contemporanea di più patologie che, oltre all’orecchio, possono coinvolgere l’apparto muscolo/scheletrico della regione testa/collo o alcune funzioni organiche. Una volta accertata o ipotizzata la causa scatenante dell’acufene con una visita specialistica, ci si può concentrare sulla terapia, intervenendo in modo concreto per alleviare o eliminare i disagi provocati dall’acufene. Non esiste nulla di più falso dell’affermazione che per l’acufene non esiste cura.

La diagnosi è un passaggio fondamentale. L’attuale impiego delle tecniche neuroradiologiche nello studio dell’acufene è strettamente legato allo sviluppo in questi ultimi decenni delle sofisticate metodiche di diagnostica per immagini quali la Tomografia Computerizzata e la Risonanza Magnetica. Il CSA, che da oltre un ventennio si occupa della diagnosi, terapia e riabilitazione dell’acufene, ha creato un ambulatorio di otorinolaringoiatria presso il Centro di Diagnostica per Immagini del Dr. Francesco Fiumara a Santa Teresa di Riva. Questa struttura, una delle più grandi ed innovative realtà di diagnostica radiologica e poliambulatorio medico nel territorio, ha offerto una preziosa opportunità ai pazienti affetti da patologie otorinolaringoiatriche, mettendo insieme tecnologie all’avanguardia e una equipe di professionisti di comprovata esperienza che insieme lavorano sulla base di protocolli consolidati ed efficaci.

Grazie alla collaborazione con il CSA, il Centro di Diagnostica per Immagini del Dr. Francesco Fiumara a Santa Teresa di Riva è diventato un punto di riferimento per la cura dell’acufene e delle patologie otorinolaringoiatriche per i pazienti provenienti da tutte le regioni d’Italia. Il Centro mette insieme conoscenze ed esperienze che si sintetizzano, in una prospettiva di collaborazione e di condivisione, per fornire al paziente un servizio di qualità elevata sia sotto il profilo del trattamento, che sul piano dello studio e della ricerca scientifica dei meccanismi biofisici, psico-neurologici e biologici che provocano l’acufene. In particolare, l’ambulatorio di otorinolaringoiatria guidato dalla dr.ssa Daria Caminiti, è dotato di dispositivi medici e apparecchiature di ultima generazione (alcune delle quali presenti solo in pochissime strutture sanitarie in tutta la Sicilia). Software, laser e fibre ottiche che consentono di eseguire esami audiologici di I e II livello per formulare una diagnosi corretta con zero margine di errore.

Il CSA è al centro dell’eccellenza territoriale rappresentata dalla struttura diretta dal Dr. Francesco Fiumara. Il Centro di Diagnostica per Immagini del dott. Francesco Fiumara è un punto di riferimento per esami diagnostici di alta qualità e precisione, che risponde alle diverse esigenze dei pazienti, grazie all’utilizzo di attrezzature all’avanguardia e alla presenza di uno staff medico professionale e qualificato. Il poliambulatorio, sito in Via Padre Giampietro a Santa Teresa di Riva (ME), si estende su una superficie di circa 800 mq ed è articolato su due piani.

La sinergia tra il CSA e Centro di Diagnostica per Immagini del Dr. Francesco Fiumara rappresenta un importante passo avanti nella cura e nel benessere dei pazienti provenienti da tutta Italia, che ora potranno beneficiare di una vasta gamma di servizi specialistici in un’unica struttura all’avanguardia. Si è riusciti in pochi mesi a mettere a punto un format che permette al paziente che proviene da fuori regione di avere in soli due giorni un diagnosi corretta e una terapia mirata, riducendo la necessità di prolungati soggiorni in Sicilia.

Vestibular Paroxysmia: un conflitto neurovascolare che genera acufene

Vestibular Paroxysmia: un conflitto neurovascolare che genera acufene

Acufene, ipoacusia, vertigini. Potrebbero essere sintomi di problematiche ben più gravi. Diversi studi scientifici hanno individuato la relazione tra acufene e conflitti neurovascolari. Si definisce conflitto neurovascolare la compressione di un nervo cranico da parte di una struttura vascolare, arteriosa o venosa. La maggior parte dei conflitti neuro-vascolari derivano dalla compressione da parte di un’arteria su di un nervo cranico e si realizzano a livello dell’angolo ponto-cerebellare, una complessa regione anatomica del cranio in cui sono contenute numerose strutture quali nervi cranici, arterie e vene.

Tra le sindromi cliniche più frequenti associate a conflitto neurovascolare vi sono le vertigini posizionali ed acufeni (Vestibular Paroxysmia): è una patologia piuttosto rara che si caratterizza per la comparsa improvvisa di attacchi di vertigini della durata variabile da pochi secondi ad alcuni minuti associati o meno alla presenza di acufeni. Durante gli attacchi può essere presente instabilità posturale e difficoltà alla deambulazione. In genere il conflitto si realizza tra il nervo vestibolo-cocleare e l’arteria cerebellare antero-inferiore anche se strutture venose e l’arteria cerebellare postero-inferiore possono essere responsabili della compressione del nervo. Nel caso specifico di acufene o tinnitus da conflitto neuro-vascolare, il nervo cranico interessato è l’VIII o stato-acustico. In caso di interessamento dell’VIII nervo cranico, oltre all’acufene è possibile in alcuni casi evidenziare una ipoacusia o iperacusia e vertigini.

Il trattamento è solitamente chirurgico, si ricorre a tecniche microchirurgiche di competenza neurochirurgica ma esistono possibilità di trattamento farmacologico e/o di tecniche di riabilitazione sonora mediante TRT. La terapia del suono consiste in una stimolazione acustica eseguita con l’ausilio di generatori di suoni, ambientali, personali, amplificatori protesici, i quali determinano un mascheramento totale o parziale dell’acufene. La stimolazione acustica, sfruttando la plasticità neuronale, attiva dei meccanismi di rimodellamento delle vie uditive che si traduce in allenamento e abitudine all’acufene da parte del paziente il quale ottiene un notevole miglioramento della sua qualità di vita. Quindi la TRT è una terapia di riallenamento o di riprogrammazione dei filtri cerebrali, sotto corticali, con finalità di amplificare o attenuare i segnali sonori prima di inviarli al cervello, riducendo o eliminando il fastidio dell’acufene.

A tal proposito volevo raccontarvi la storia molto interessante di un nostro giovanissimo paziente,
arrivato al CSA poiché da parecchi anni riferiva acufene in particolare a destra. Nei primi sei anni dall’insorgenza dell’acufene è riuscito a conviverci, mettendo in atto vari mascheramenti fai da te, ma purtroppo nell’ultimo anno l’intensità si è acuita molto e il paziente non è stato più in grado di controllarlo. Dopo aver raccolto in maniera accurata la sua storia clinica, il paziente è stato sottoposto a diversi esami diagnostici mediante strumenti di ultima generazione. Il risultato di questi esami ha fatto insorgere il dubbio che il paziente potesse essere affetto da patologia vascolare, motivo per il quale abbiamo richiesto l’esecuzione di altri esami diagnostici e radiologici non solo dell’orecchio. I risultati hanno confermato il nostro dubbio e alcune cause di acufene riscontrate in visita: l’arteria cerebellare antero-inferiore (AICA) di destra contatta il pacchetto stato-acustico in sede extracanalare. Altra anomalia rilevata è l’origine fetale dell’arteria cerebrale post sinistra. Ed ancora una dislocazione anteriore di entrambi i condili mandibolari che si mostrano assottigliati.

Quindi verosimilmente la causa dell’acufene del paziente è il conflitto neurovascolare e la concausa l’alterazione cranio-cervico-mandibolare. La sindrome da conflitto neurovascolare è dovuta a un contatto anomalo tra un nervo cranico e una struttura vascolare, arteriosa o venosa, in grado di determinare una disfunzione attiva del nervo .L’arteria cerebellare anteriore inferiore (AICA), è uno dei tre principali vasi che riforniscono di sangue arterioso il cervelletto. L’arteria cerebellare antero-inferiore (AICA) deriva dall’arteria basilare e invia rami anche al canale uditivo interno.

Il nostro paziente nei prossimi giorni si sottoporrà a valutazione neurochirurgica ma abbiamo già stabilito di intraprendere il percorso della riabilitazione sonora mediante dispositivo digitale combinato, in modo da garantirgli un netto miglioramento della qualità della vita. Il paziente era molto soddisfatto perché, finalmente dopo tanto tempo, è riuscito a possedere la formulazione di una diagnosi, così come fiducioso per la possibilità di poter intraprendere un percorso terapeutico valido. Successivamente si sottoporrà anche a riabilitazione osteopatica-ortodontica per la disfunzione cranio-cervico-mandibolare presente che acuisce l’intensità del suo acufene e può nel tempo determinare l’insorgenza di altri sintomi invalidanti.

Chiusura estiva

Il Csa resta chiuso dal 7 agosto al 2 settembre per la pausa estiva

Lo studio medico di otorinolaringoiatria e allergopatie di Taormina e Randazzo e il Centro Siciliano Acufene rimarranno chiusi per ferie da lunedì 7 agosto a sabato 2 settembre 2023. Le attività riprenderanno regolarmente lunedì 4 settembre.

Per venire incontro alle richieste sempre crescenti dei pazienti e garantire un servizio rapido ed efficiente il Csa ha implementato la propria dotazione di apparecchiature e dispositivi medici di ultima generazione e ha anche avviato nuove collaborazioni come quella con la dr.ssa Marina Scimone, psicologa e psicoterapeuta. Stabilire la causa dell’acufene è il primo passo per curare questo disturbo. La dottoressa Scimone si occupa del trattamento degli aspetti psicologici legati agli acufeni attraverso colloqui, psicoterapia individuale e “counseling riabilitativo”.

Inoltre, la dr.ssa Daria Caminiti ha recentemente iniziato una nuova collaborazione presso il Centro Diagnostico del Dr. Francesco Fiumara a Santa Teresa di Riva, una delle più grandi ed innovative realtà di diagnostica radiologica e poliambulatorio medico in provincia di Messina, offrendo una preziosa opportunità ai pazienti provenienti da tutte le regioni d’Italia. L’obiettivo di questa collaborazione è permettere ai pazienti non solo di accedere ad un percorso diagnostico e terapeutico avanzato per l’acufene, ma anche di trovare soluzioni per una vasta gamma di patologie otorinolaringoiatriche ed allergologiche.

Tante altre novità, in ambito farmacologico e strumentale, vi attenderanno al ritorno della pausa estiva.
Con l’occasione la dr.ssa Daria Caminiti e l’equipe del Csa vi augurano buone vacanze!

Un caso particolare di otosclerosi cocleare responsabile di acufene

Un caso particolare di otosclerosi cocleare responsabile di acufene

Non esiste una cura valida per tutti per trattare l’acufene, ma si agisce sulla causa scatenante. Un mese addietro una paziente si è sottoposta a visita specialistica presso l’equipe multidisciplinare del CSA per un riferito acufene assordante e fastidioso, a tal punto di rendere la paziente molto ansiosa e fragile, ma in cerca di soluzioni valide, oneste e professionali. La scorsa settimana abbiamo valutato tutti gli esami strumentali che la paziente ha eseguito per ricercare le cause responsabili del suo acufene.

La paziente visitata dalla dottoressa Daria Caminiti è stata sottoposta ad una serie di esami strumentali, soprattutto audiologici con un nuovissimo strumento audiologico altamente innovativo ( che in tutta la Sicilia è presente in altre 6-7 strutture), creato per studiare con tantissimi test e con esami audiologici di primo livello, i pazienti acufenici o con ipoacusia. Si è subito pensato a una possibile causa cocleare. Questo innovativo strumento ci permette di testare le frequenze sino a 20000 Hz (quindi ultrasuoni) che non sono rilevabili con i comuni strumenti audiologici che si ritrovano nelle strutture, studi o ospedali (che comunemente arrivano a testare solo sino a 8000 Hz), e per tale motivo questo innovativo strumento ci permette di studiare accuratamente i pazienti con acufene e i pazienti con ipoacusia.

Le cause dell’acufene possono essere varie.

L’acufene può essere originato da una causa o da più cause motivo per il quale il paziente deve essere visitato, se il caso lo necessita, non solo dall’otorinolaringoiatra ma anche da altri specialisti, quindi la valutazione specialistica varia da caso a caso. La paziente oltre alle indagini audiologiche è stata sottoposta a valutazione osteopatica e ortodontica poiché presenta una alterazione cranio-cervicomandibolare confermata dallo studio radiologico dell’orecchio medio ed interno.

La paziente presenta “modico addensamento della corticale ossea in corrispondenza del giro basale della coclea nei due lati, più pronunciato a sinistra che verosimilmente è correlato a focolaio otosclerotico in fase matura”. La paziente presenta infatti una ipoacusia modesta neurosensoriale con componente trasmissiva.

Che cos’è l’otosclerosi?

L’otosclerosi è una malattia dell’osso della capsula otica che causa un anomalo accumulo di osso neoformato a livello della finestra ovale. È una patologia genetica o acquisita che colpisce le strutture ossee. Nell’otosclerosi l’osso neoformato interessa la staffa e ne riduce la mobilità, causando ipoacusia trasmissiva. Infatti l’onda sonora viene convogliata dal padiglione auricolare verso la membrana timpanica che vibrando trasmette l’onda sonora alla catena ossiculare che trasmette la stessa alla coclea o chiocciola. Nella coclea, struttura nobile, l’onda sonora viene trasformata in impulsi sonori che viaggiano lungo il nervo acustico per raggiungere l’area acustica del nostro cervello: questo è il meccanismo grazie al quale noi sentiamo. Nell’otosclerosi la formazione di tessuto osseo anomalo a livello della staffa (uno dei tre ossicini della catena ossiculare) non permette la trasmissione dell’onda sonora alla coclea e quindi il paziente presenta una ipoacusia definita “trasmissiva”.

L’otosclerosi può anche essere causa di ipoacusia neurosensoriale quando i focolai otosclerotici si localizzano a livello della scala media, o quando si medializza e interessa la coclea o chiocciola, casi abbastanza rari. Nella maggior parte dei casi colpisce entrambe le orecchie.

Oltre a provocare sordità progressiva, prima monolaterale ma successivamente spesso bilaterale, come nel caso della nostra paziente,può subire accelerazioni durante la maternità e l’allattamento per un influsso ormonale sul metabolismo dell’osso, l’otosclerosi è in genere caratterizzata da acufeni ma mai da vertigine, otalgia e/o otorrea.

La diagnosi.

Inutile diree che la paziente si era sottoposta ad altre visite ma senza ottenere la formulazione della diagnosi e quindi della sua patologia che le determina acufene e ipoacusia.

Il meccanismo sembra essere multifattoriale sia su base ereditaria sia su base ormonale-metabolica.

Ecco la motivazione per la quale alcuni nostri pazienti vengono indirizzati, sempre nella nostra equipe, ad eseguire una valutazione metabolica poiché ci sono diverse patologie responsabili di acufene che richiedono questa valutazione eseguita molto attentamente e professionalmente.

Solitamente il trattamento dell’otosclerosi è chirurgico eseguendo una stapedectomia ossia sostituendo la staffa fibrotica con una microprotesi dell’orecchio, ma nel caso della paziente l’otosclerosi interessa la coclea quindi il trattamento mirato nel caso della stessa è la riabilitazione sonora tramite TRT
con sistema combinato, senza ricorrere alla protesi, in modo che la qualità di vita della paziente da subito migliori notevolmente.

Trombosi e acufene covid 19 e vaccini

Trombosi, acufene e altri sintomi in pazienti vaccinati e/o affetti da Covid 19

Dal mese di febbraio del 2020 il mondo vive una pagina storico-sanitaria inverosimile, come se tutti fossimo protagonisti di un film non a lieto fine, ma con una fine a noi sconosciuta e per la quale assisteremo ad altre puntate. La pandemia da SARS-Cov-2 ha provocato milioni di morti ma anche centinaia di paziente che continuano a vivere “effetti collaterali del Long-Covid o Post-Covid” con sintomi transitori ma anche con sintomi purtroppo persistenti. Oltre alla perdita del gusto e dell’olfatto, alla paralisi dei nervi cranici, alla compromissione della coscienza, la disautonomia e l’insufficienza respiratoria, ai sintomi aspecifici e alle complicanze neurologiche a lungo termine, è stato dimostrato che le strutture dell’orecchio interno sono particolarmente suscettibili all’ischemia e al danno vascolare indotte dal SARS-Cov-2 portando a disfunzioni e sintomi uditive e vestibolari.

Secondo una revisione sistematica e metanalisi, la frequenza di insorgenza di ipoacusia (3,1%), acufeni (4,5%) e vertigini (12,2%) nei pazienti affetti da Covid 19 è statisticamente significativa. Ma nonostante approfondite ricerche eseguite e diverse metanalisi sulle manifestazioni olfattive, gustative e visive del COVID-19 dall’inizio della pandemia, l’impatto della malattia sui sistemi uditivo e vestibolare ha ottenuto ancora scarsa attenzione. È stato dimostrato che le strutture dell’orecchio interno sono particolarmente suscettibili all’ischemia e al danno vascolare, portando a disfunzioni uditive e vestibolari.

I danni indotti dal virus a livello del tronco cerebrale, e responsabili dei sintomi descritti, sono dovuti a meccanismi infiammatori, alterazione della coagulazione sanguigna e ototossicità da trattamenti antivirali.

In particolare, il SARS-Cov-2 agendo a livello del tronco cerebrale, determinando disfunzione dello stesso mediante meccanismi neuroinfiammatori, provoca deficit sensoriali come acufene e vertigine, e deficit motori come paralisi dei nervi cranici, compromissione della coscienza, disautonomia e insufficienza respiratoria.

Sostanze chimiche, naturali o artificiali, o i radicali liberi a maggior diffusione, specie reattive dell’ossigeno detti ROS, stimolano mediante la produzione di citochine infiammatorie, i processi infiammatori. L’infiammazione acuta e cronica determinata dalle citochine e dai ROS, danneggiano l’orecchio interno nei pazienti con COVID-19, determinando ipoacusia e acufene. Inoltre, altri studi condotti su pazienti affetti da Covid 19 hanno rilevato che SARS-Cov-2 ha la capacità di legarsi all’emoglobina e penetrare nei globuli rossi, e attraverso il sistema circolatorio riesce ad invadere tutto il corpo. I monociti infetti e attivati attaccano il sistema vascolare, danneggiano la barriera emato-labirintica ed invadono l’orecchio interno danneggiandolo. Tra l’altro il processo di mancato trasporto di ossigeno da parte dei globuli rossi indotto dal SARS-Cov-2, causa ipossia e ulteriori danni dell’orecchio interno poiché è caratterizzato da una circolazione “terminale”.

Non in ultimo, non possiamo non considerare nella genesi dell’acufene del paziente affetto da Covid 19, l’assunzione di farmaci somministrati allo stesso per curarlo, risultati fortemente ototossici. Nello specifico l’assunzione di remdesivir, ribavirina, prodotti sintetici del chinino (clorochina e idrossiclorochina) portano a diversi effetti avversi, quali retinopatia, neuromiopatia, cardiomiopatia e ototossicità temporanea o permanente, scatenando ipoacusia e acufeni in forma sia acuta che cronica. L’ototossicità determina danni all’orecchio interno e agli organi neurali come le cellule ciliate esterne della coclea, i gangli spirali, le fibre neurali, sino a determinare l’atrofia della stria vascolare, e persino cambiamenti nel sistema uditivo centrale.

Possiamo dedurre che i meccanismi in grado di generare i tanti sintomi derivati dall’infezione del virus SARS-Cov-2, tra cui acufene, vertigine ed ipoacusia, sono molteplici e meritano di essere approfonditi mediante costante monitoraggio di questi pazienti eseguendo test oggettivi. Questi pazienti dovrebbero rivolgersi, nei limiti del possibile, osservando le direttive emanate dal Ministero della Sanità, quanto prima possibile allo specialista per iniziare delle terapie mirate. In questi casi tanto prima si somministra la terapia indicata dallo specialista, dopo aver sottoposto il paziente a test oggettivi e/o a valutazioni ematochimiche ed ematologiche, quanto più aumenta la probabilità della regressione del sintomo.

Diversi studi hanno evidenziato la persistenza dell’acufene nei pazienti che hanno superato il Covid 19 e che in passato non avevano mai sperimentato l’acufene, considerando l’acufene un sintomo neurologico associato al cosiddetto Post-Covid o Long-Covid. Questi studi, allo stesso modo, hanno evidenziato in molti altri pazienti che presentavano l’acufene ancor prima della malattia da SARS-Cov-2, addirittura l’aggravarsi del fischio, del rumore, del ronzio, del sibilo soggettivamente avvertito. A tal proposito uno dei diversi studi, pubblicato sul portale Frontiers in Public Health ha indicato che il Covid-19 può accentuare i sintomi dell’acufene. Questa ricerca condotta su un campione di 3100 persone con pregressi ronzii, sibili e fischi nelle orecchie, di entrambi i sessi, fascia di età compresa tra 18 e 100 anni, provenienti da 48 Paesi, principalmente incentrata sugli Stati Uniti e sul Regno Unito, evidenzia che il 40% delle persone colpite da acufene ha notato un peggioramento dovuto al Coronavirus.

L’ipotesi che il Covid 19 possa aggravare l’acufene nei pazienti con pregressi ronzii o fischi, sono diverse. Tra queste ipotesi ritroviamo l’assunzione di farmaci ototossici somministrati per curare il Covid 19, e il peggioramento dell’alterazione della sfera psicologica. È noto che lo stress, l’ansia, la depressione aggravano l’acufene, l’impatto dell’isolamento e dei cambiamenti nello stile di vita nel periodo della pandemia hanno determinato un brusco aumento dell’acufene. La paura e lo stress di contagiarsi, la paura e il malessere nei pazienti acufenopatici infettati da SARS-Cor-2, l’isolamento per diversi mesi, lavorare in Smart working e utilizzare le cuffie per call per maggior tempo hanno richiesto un cambiamento radicale dello stile di vita e quindi un peggioramento dell’acufene. Lavorare da casa significa stare in un ambiente molto più tranquillo e silenzioso, venendo meno le distrazioni ambientali che allontano il pensiero dall’acufene. La mancanza di interazioni sociali, l’aumento di videochiamate e riunioni online incrementano inevitabilmente i livelli di stress e ansia, che a loro volta aumentano per la paura che l’acufene possa peggiorare anche per l’utilizzo più a lungo di cuffie per call e per isolarsi dall’ambiente casalingo soprattutto se è rumoroso. In tutti questi casi bisogna svolgere esercizi di rilassamento, svolgere attività e hobby che aiutano a rilassarsi, ritagliarsi del tempo per tutto ciò che possa far sentire bene il paziente, non indossare per lungo tempo le cuffie ma fare delle pause, tenere il volume al minimo e se possibile utilizzare le cuffie con cancellazione di rumore, e soprattutto parlare e mettersi sempre in contatto con lo specialista.

Non possiamo però non prendere in considerazione la paura della vaccinazione, e la somministrazione dei vaccini Anti-Covid 19, altre ipotesi rispettivamente di aggravamento dell’acufene preesistente e di comparsa di acufene in pazienti che non hanno mai vissuto l’esperienza del ronzio o del fischio alle orecchie sino al momento della vaccinazione.

In questo ultimo caso vi spiegheremo la correlazione esistente tra trombosi e vaccino anti SARS-Cor-2, argomento che ha creato e crea paura e apprensione tra coloro che hanno manifestato sintomi e patologie determinate dalla trombosi indotta dal vaccino. Il Csa, in questo momento, presenta in casistica sette casi di acufene in pazienti che hanno superato il Covid 19 e che non avevano mai avuto esperienza di ronzio o fischio alle orecchie, e nove pazienti che riferiscono l’insorgenza dell’acufene entro 48 ore dalla somministrazione del vaccino anti-Covid.

Correlazione esistente tra trombosi e vaccino covid

La trombosi è una risposta naturale del nostro corpo nel momento in cui un vaso sanguigno viene leso esponendosi all’esterno, tentando di arginare la perdita di sangue mediante la formazione del trombo all’esterno del vaso sanguigno, stoppando la fuoriuscita di sangue ed evitando un sanguinamento. In condizione normali quindi la trombosi si genera al di fuori del vaso, ciò rappresenta un meccanismo fisiologico che impedisce al sangue di fuoruscire dallo stesso. Purtroppo, esistono però diverse patologie che causano la formazione del trombo, che non è altro che un tappo piastrinico, all’interno del vaso. In questi casi il nostro corpo percepisce erroneamente “il segnale” che un vaso si è rotto, quando in realtà il vaso è integro, si attiva così una risposta patologica, e abnorme della coagulazione sanguigna, inviando localmente piastrine per agevolare il processo della coagulazione che comporta la formazione di un grande coagulo di sangue, ”il trombo”, all’interno di una arteria o di una vena, determinando l’interruzione del flusso sanguigno che trasporta il sangue da un distretto del corpo ad un altro.

La trombosi, quindi, non è altro che una risposta normale del nostro organismo ad una lesione di un vaso sanguigno, che in condizioni patologiche si attiva, nonostante il vaso sia integro, producendo “il tappo” piastrinico all’interno del vaso causando l’interruzione del flusso sanguigno. La manifestazione clinica della trombosi dipende dalla localizzazione del trombo, risultato di una risposta abnorme della coagulazione sanguigna, che può avvenire in qualunque distretto del nostro corpo, per cui il paziente avrà dei sintomi o delle patologie in base alla sede della formazione del trombo.

Nel distretto arterioso, considerando che le arterie più importanti del nostro organismo sono quelle che portano sangue al cervello, se un paziente presenta la formazione del trombo all’interno delle arterie del cervello andrà incontro all’ictus celebrale, ossia alla perdita di una parte del cervello per interruzione del flusso sanguigno con conseguente sofferenza delle cellule nervose nutrite dall’arteria ostruita dal trombo, subendo un infarto e andando incontro a morte cellulare.

Se per esempio la formazione patologica del trombo intravasale interessa l’arteria vicaria il distretto del cervello che comanda il movimento il paziente presenterà una paralisi o una emiparesi. Nel caso dell’arteria vicaria la parte del cervello che controlla la visione il paziente potrebbe manifestare una alterazione della vista, potrebbe riferire di vedere sdoppiato o diplopia, o vedere lampi di luce o scotomi. Nel caso dell’arteria vicaria la parte del cervello che controlla il linguaggio, il paziente manifesterà alterazioni dell’eloquio tra cui afasia, disartria, aprassia.

A seconda delle patologie del paziente le trombosi possono interessare in particolare dei distretti del nostro organismo. Proprio per quanto riguarda la trombosi post vaccinale è stato visto che le sedi più colpite non sono le arterie del cervello ma le vene del cervello, ciò è responsabile di una stasi del sangue che causa dei disturbi neurologici importanti. Ribadiamo che in linea generale la trombosi può colpire qualsiasi distretto del nostro corpo, e proprio per questo motivo le trombosi post vaccinali si manifestano con uno spettro di manifestazioni cliniche e di sintomi vasto. Sono stati osservati casi di ictus cerebrale, casi di ischemia degli arti superiori o degli arti inferiori per arresto di flusso del sangue nell’arto interessato che diventa pallido, freddo e, per il consequenziale processo dell’acidosi, diventa dolorante.

La trombosi post vaccinale può interessare i visceri per trombosi delle arterie mesenteriche responsabile della ischemia intestinale, può coinvolgere le arterie del cuore con conseguente infarto del miocardio. La trombosi post vaccinale può coinvolgere anche il distretto venoso, e in questo caso il distretto più colpito è quello polmonare. In questo ultimo caso, frequentemente il paziente sviluppa la formazione di trombi a livello delle vene delle gambe, distretto nel quale c’è maggiore stasi sanguigna, condizione che favorisce la trombosi, si forma così il trombo all’interno delle vene delle gambe che può distaccarsi, passare nel cuore che lo pompa all’interno dei polmoni causando una condizione che può essere anche fatale, ossia l’embolia polmonare. In corso di embolia polmonare, i polmoni non riescono più ad ossigenare il sangue, il paziente vive una condizione di ipossia e può andare incontro al collasso cardiocircolatorio e quindi alla morte. Le condizioni di maggiore rischio a seguito della formazione del trombo sono quelle che interessano gli organi vitali ossia cervello, cuore e polmoni, poiché la perdita di funzionalità di questi organi può essere fatale.

Durante la campagna vaccinale si sono osservati diversi casi di trombosi finiti alla ribalta delle cronache. Per spiegare la correlazione tra vaccini anti-Covid e trombosi interpelliamo la letteratura scientifica disponibile: le basi scientifiche della immunologia clinica possono descrivere il meccanismo della formazione del trombo post-vaccinazione. Quando si immette qualunque sostanza nel nostro organismo, quest’ultimo reagisce e producendo anticorpi, questo è il principio della vaccinazione, ossia stimolare il nostro corpo a produrre anticorpi e una risposta immunitaria capace di bloccare il virus nel momento in cui entra nel nostro corpo. Quindi la risposta anticorpale in seguito a vaccinazione ha la funzione di interrompere la progressione del virus SARS-Cov-2 all’interno del nostro organismo. La risposta anticorpale, quindi la produzione degli anticorpi, nella stragrande maggioranza dei casi è sempre indirizzata verso il virus.

La vaccinazione, nel caso specifico del virus SARS-Cov-2, produce anticorpi che risponderanno al virus e soltanto al virus SARS-Cov-2. Esiste però una minima percentuale di persone che vengono vaccinate per il SARS-Cov-2, nello specifico 14 persone su 1 milione, nei quali gli anticorpi prodotti per proteggerci dal virus SARS-Cov-2,a seguito di somministrazione del vaccino anti Covid, maggiormente con vaccini a vettore virale, reagiscono non solo contro il virus SARS-Cov-2, ma in maniera errata cross-reagiscono anche con proteine esistenti fisiologicamente già nel nostro corpo, in particolare in questo caso cross-reagiscono con una proteina presente sulle piastrine, le quali “impazziscono”, si attivano e formano il trombo in un vaso sanguigno integro e non rotto. Quindi la trombosi post vaccinale è dovuta ad una cross-reazione della risposta anticorpale contro una proteina presente sulle piastrine.

Nello specifico sono stati segnalati post vaccinazione alcuni casi di trombosi del seno venoso cerebrale al sistema di farmacovigilanza. Questi pazienti presentavano anche trombocitopenia, elemento che orientava verso una causa immunologica della trombofilia. Gli esperti ematologi ritengono probabile che la vaccinazione porti alla formazione di anticorpi contro gli antigeni delle piastrine come elemento facente parte della reazione infiammatoria e della stimolazione immunitaria. Dipendenti o meno dall’eparina, questi anticorpi inducono quindi una massiccia attivazione piastrinica tramite il recettore Fc come analogamente accade nella trombocitopenia indotta da eparina (HIT). Gli scienziati affermano che questo meccanismo potrebbe essere alla base di una trombosi venosa sinusale cerebrale dopo la vaccinazione con il vaccino anti Covid.

La trombosi vaccinale ha delle caratteristiche ben precise e si chiama Sindrome Trombotica Piastrinopenica:

  • deve comparire entro i 20 giorni dalla somministrazione del vaccino indipendente dal tipo del vaccino, anche se i vaccini a vettore virale sono quelli maggiormente presi in causa;
  • le piastrine, che formano il trombo, nel caso della Sindrome Trombotica Piastrinopenica, alla conta piastrinica si presentono notevolmente ridotte di numero, ciò si definisce “piastrinopenia” e rappresenta un elemento fortemente indicativo della correlazione tra vaccino e trombosi. Nel caso della Sindrome Trombotica Piastrinopenica bisogna somministrare al paziente quanto prima possibile delle immunoglobuline che sequestrano gli anticorpi patologici prodotti, per bloccare questa complicanza drammatica che è la trombosi. Nel caso della trombosi il paziente può andare incontro a sintomi che possono essere transitori poiché il trombo può dissolversi oppure a sintomi persistenti poiché il trombo diventa stabile causando un danno permanente dell’organo interessato, manifestando complicanze drammatiche sino all’exitus. Gli organi infatti hanno “un periodo di resistenza” alla mancanza di ossigeno, diverso per ciascun organo. L’organo con periodo di resistenza minore, che è vulnerabile all’ipossia (mancanza di ossigeno) indotta dall’interruzione del flusso sanguigno, e quindi al traporto dell’ossigeno, per formazione del trombo nella vena o nell’arteria che vicaria il distretto, è il cervello.

È bene evidenziare che la trombosi può rappresentare una complicanza post vaccinale, soprattutto con i vaccini a vettore virale, ma è bene sapere che rappresenta il meccanismo killer della infezione da SARS-Cov-2 responsabile dei 3 milioni di morti nel mondo. Sappiamo tutti che durante il Covid il distretto più colpito dal virus è il distretto polmonare, il virus SARS-Cov-2 induce un danno all’interno dei vasi polmonari che può portare alla morte, poiché per un’alterata risposta immunitaria, si formano dei trombi all’interno dei vasi polmonari integri e non rotti, si assiste ad un danno del microcircolo polmonare, conseguente blocco degli scambi respiratori, insorgenza di una polmonite devastante che porta in una percentuale non indifferente di pazienti alla morte. È necessario somministrare eparina nei pazienti con Covid 19 sia per prevenire la trombosi sia per sciogliere il trombo che può formarsi in qualunque distretto ma soprattutto a livello polmonare.

Sembrerebbe che una storia anamnestica di pregressi episodi di trombosi non rappresenti una controindicazione alla vaccinazione per il SARS-Cov-2, la vera controindicazione alla vaccinazione è rappresentata dalla trombocitopenia indotta da eparina (HIT), ossia una bassissima percentuale di persone a cui viene somministrata eparina sviluppa la Sindrome Trombofilica Piastrinopenica, una condizione esattamente identica a coloro che presentano la trombosi post vaccinale. Nel caso della Sindrome Trombofilica Piastrinopenica l’eparina stimola una condizione anticorpale impropria, determinando la produzione di anticorpi che rispondono alla eparina e cross-reagiscono con le piastrine, condizione molto simile alla Trombosi post vaccinale. Quindi nei pazienti che è stata somministrata o è somministrata eparina per diversi motivi, ed hanno sviluppato la HIT ossia la Trombocitopenia indotta da eparina, il vaccino anti Covid non può essere somministrato.

Sintomi post vaccinale

  • Sintomi simil-influenzali come dolori muscolari e articolari e mal di testa che persistono per 1-2 giorni dopo la vaccinazione sono un effetto indesiderato comune e non sono motivo di preoccupazione.
  • In caso di effetti collaterali persistenti oltre tre giorni dalla vaccinazione (ad es. Vertigini, acufene, mal di testa, disturbi visivi), è necessario proseguire la fase diagnostica medica per chiarire una trombosi cerebrale.

Test diagnostici

  • Esami importanti da eseguire sono: emocromo con piastrine, striscio di sangue, D-dimero e, se necessario, ulteriore diagnostica per immagini (es. RM cerebrale).
  • In caso di trombocitopenia e/o evidenza di trombosi, effettuare il test per la trombocitopenia indotta da eparina (HIT)indipendentemente da una precedente esposizione all’eparina. Questo test si basa sulla rilevazione immunologica degli anticorpi contro il complesso del fattore piastrinico 4 (PF4) e dell’eparina.

Terapia

  • Fino a quando la HIT autoimmune non è stata esclusa, si dovrebbe evitare l’anticoagulazione con eparina e si dovrebbero usare preparati alternativi compatibili con l’HIT.
  • Nei pazienti con HIT autoimmune confermata e trombosi critica, come la trombosi della vena sinusale cerebrale, il meccanismo patologico pro-trombotico probabilmente può essere ridotto dalla somministrazione di immunoglobuline endovenose ad alte dosi (IVIG).

ATTENZIONE!

Indipendentemente dalla causa e dai risultati di un test per gli anticorpi PF4 / eparina, è necessario considerare altre possibili cause alternative di trombocitopenia e/o trombosi. Queste possono includere: le microangiopatie trombotiche come Sindrome trombotica trombocitopenia – iTTP o Sindrome Emolitico Uremica Atipica – aHUS, la sindrome da anti-fosfolipidi, l’emoglobinuria parossistica notturna e le malattie ematologiche maligne.

Concludendo sia l’infezione da SARS-Cov-2 sia la vaccinazione per il virus del Covid 19, soprattutto con vaccini a vettore virale, possono indurre la temibile trombosi e i sintomi riferiti da alcuni pazienti quali vertigine, acufene, disturbi visivi. In entrambi i casi bisogna immediatamente rivolgersi allo specialista.

Quando acufene è sintomo di un tumore

La storia di Emanuele: quando l’acufene è il sintomo di problematiche più gravi

Ogni acufene ha una causa o più cause d’insorgenza. Diversi studi scientifici hanno individuato la relazione tra acufene e conflitti neurovascolari. I contatti tra nervi e vene (o arterie), a causa della compressione, possono determinare vari disturbi come acufeni, emispasmi facciali e nevralgie.

La forma di acufene che riconosce un’origine dal nervo dell’udito, il cosiddetto acufene neurale, rappresenta certamente una minoranza rispetto a quelli che si originano nella coclea, ma questa minoranza è suscettibile di trattamento mirato che da speranza al paziente di liberarsi da questi sintomo fastidioso.

Vi ricordate quando a fine mese di giugno vi parlai di un caso molto molto complesso interessante di un mio paziente di media età che era pervenuto al Csa per acufene assordante, debilitante, insopportabile?

A ragion del vero lo stesso era già venuto da noi un anno addietro per poi abbandonare il percorso diagnostico in quanto si erano verificate delle problematiche serie in famiglia. Quando a giugno ritornò era in uno stato depressivo intenso e molto disperato per cui ha chiesto aiuto, essendo pronto a tutto.

Iniziammo nuovamente il percorso diagnostico partendo da zero: il paziente venne visitato come solito fare dall’equipe del Csa a 360 gradi, e notammo dei dati clinici, presenti già l’anno prima, ma più accentuati tanto da decidere di sottoporre il paziente a determinati test e esami strumentali audiologici. Richiedemmo con urgenza delle indagini strumentali radiologiche mirate che il paziente ha eseguito immediatamente. Il paziente prima di rivolgersi al Centro Siciliano Acufene si era sottoposto a tante altre visite ma senza ottenere la formulazione della diagnosi e quindi senza ottenere un trattamento mirato per il suo acufene.

Qualche settimana dopo venne in studio per sottopormi i referti degli esami prescritti, e come all’epoca del primo racconto, vi scrissi che mi mancò per qualche minuto il fiato, mi sono impietrita, perché dovevo cercare le parole giuste per spiegare il tutto al paziente senza farlo preoccupare. Lo guardai negli occhi e dissi subito la diagnosi: «Emanuele non ci sono buone notizie per come noi prevedevamo, però le giuro che sono patologie risolvibili, quindi ascolti attentamente e sappia che noi lo seguiremo sino alla fine di questa brutta storia». Il paziente presentava un grosso meningioma e anche un conflitto neurovascolare interessante il nervo acustico, cause del suo acufene che aumentava di intensità con il passare del tempo.

Il paziente è, dunque, affetto da acufene neurale: il pacchetto nervoso steato-acustico a sinistra riceve un conflitto con il tronco basilare che appare allungato e presenta ampio loop nel contesto della cisterna ponto-cerebellare.

Il nervo acustico non è separato dal grosso vaso ma è strettamente aderente allo stesso vaso che risente della attività del nervo acustico. Ma il conflitto neurovascolare, rappresentante la prima causa dell’acufene, non è solo la patologia che riscontrato nel paziente in quanto in regione frontale parasagittale dell’encefalo, sempre di sinistra, in adesione della grande falce dell’encefalo presentava un grosso meningioma delle dimensioni di 2,5 cm.

I meningiomi sono tumori spesso benigni delle meningi che possono però aumentare di dimensioni e a poco a poco comprimere i tessuti circostanti e quindi i sintomi che determinano dipendono dalla sede in cui si sviluppano.

Non so se avete capito seriamente la gravità della situazione di Emanuele: in un giorno X sarebbe caduto per terra per sopravvenuta emorragia cerebrale e non sappiamo come sarebbe finita. Purtroppo questo caso non è il primo per me e l’equipe del Csa, poiché in questi tantissimi anni abbiamo formulato diagnosi di patologie tumorali secondarie, emangiomi cavernosi, neurinomi del nervo acustico, aneurismi, patologie sindromiche rare.

Ovviamente abbiamo subito organizzato la visita con i neurochirurghi ed iniziato la riabilitazione craniomandibolare, perché avevamo riscontrato anche una notevole disfunzione dell’ATM che ha portato già benefici sull’acufene. Il paziente si è poi sottoposto alla “Gamma Knife”, una tecnica per radiochirurgia stereotassica intracranica. Può essere utile per intervenire sui tumori cerebrali primitivi, come i meningiomi e non solo. I meningiomi sono quasi sempre benigni, ma una piccola percentuale può presentare segni di aumentato tasso di crescita e possono rapidamente recidivare. I sintomi dipendono dalla sede, dalle dimensioni e dalle funzioni controllate da quella parte dell’encefalo vicina al tumore. Il trattamento mediante “Gamma Knife” permette di bersagliare il meningioma con un fascio di radiazioni.

Il paziente sottoposto a “Gamma Knife” viene lievemente sedato, gli viene poi applicato in anestesia locale il casco stereotassico, con il quale viene sottoposto agli esami di imaging cioè radiologiche di centratura per pianificare il trattamento. Il trattamento può durare da una a sei ore, a seconda delle esigenze del paziente e del bersaglio da irradiare. La procedura non è dolorosa, il paziente potrebbe avvertire dolore solo nella fase di posizionamento dei quattro piccoli perni metallici per la stabilizzazione del casco. I risultati della procedura non sono immediati. Il paziente verrà informato sui controlli da effettuare al momento della dimissione. L’effetto delle radiazioni si manifesta a distanza di settimane e/o mesi.

Una volta completata la terapia per il tumore il paziente riprenderà il percorso intrapreso per trattare l’acufene.

Talvolta l’irradiazione con “Gamma Knife” può non essere sufficiente a risolvere il problema: la neoplasia potrebbe continuare a crescere o a dare sintomi, sia subito dopo il trattamento che a distanza tempo. Potranno quindi rendersi necessari ulteriori trattamenti: oltre ad altre sedute di “Gamma Knife” si potrebbe intervenire anche chirurgicamente o con la radioterapia frazionata.

Proprio per questo motivo per trattare l’acufene dobbiamo ancora attendere, ma siamo fiduciosi sia per la professionalità e la bravura dei neurochirurghi a cui ci affidiamo e sia perché abbiamo già individuato il trattamento mirato per trattare il suo acufene, certi che potrà regalargli una vita molto molto più serena. Vorrei ricordarvi di recarvi immediatamente dagli specialisti non appena insorge l’acufene, l’ipoacusia o la vertigine, non attendere neanche un giorno, perché potrebbero essere i sintomi di problematiche ben più gravi. E la storia di Emanuele dovrebbe farci riflettere proprio su questo.

Buongiorno sono Emanuele C., volevo raccontare la mia breve storia per motivi di fischio alle orecchie mi trovo a contattare la dottoressa Daria Caminiti esperta in acufene, la quale inizia a farmi fare un percorso di vari accertamenti tra quali delle risonanze m all’encefalo grazie alla sua accuratezza a suo modo di essere pignola vengo a scoprire non solo il motivo del mio acufene, ma anche una cosa molto grave e cioè di avere un meningioma all’interno del cervello, che senza questo tipo di ricerca sarei andato in conseguenza gravi è a rischio di emorragie e anche della stessa vita. .Ringrazio la dottoressa Caminiti e spero di rivederla presto per ultimare il percorso e cercare di sconfiggere anche l’acufene che mi affligge tanto sicuro della sua professionalità .
un abbraccio affettuoso.
A presto.