Dal mese di febbraio del 2020 il mondo vive una pagina storico-sanitaria inverosimile, come se tutti fossimo protagonisti di un film non a lieto fine, ma con una fine a noi sconosciuta e per la quale assisteremo ad altre puntate. La pandemia da SARS-Cov-2 ha provocato milioni di morti ma anche centinaia di paziente che continuano a vivere “effetti collaterali del Long-Covid o Post-Covid” con sintomi transitori ma anche con sintomi purtroppo persistenti. Oltre alla perdita del gusto e dell’olfatto, alla paralisi dei nervi cranici, alla compromissione della coscienza, la disautonomia e l’insufficienza respiratoria, ai sintomi aspecifici e alle complicanze neurologiche a lungo termine, è stato dimostrato che le strutture dell’orecchio interno sono particolarmente suscettibili all’ischemia e al danno vascolare indotte dal SARS-Cov-2 portando a disfunzioni e sintomi uditive e vestibolari.
Secondo una revisione sistematica e metanalisi, la frequenza di insorgenza di ipoacusia (3,1%), acufeni (4,5%) e vertigini (12,2%) nei pazienti affetti da Covid 19 è statisticamente significativa. Ma nonostante approfondite ricerche eseguite e diverse metanalisi sulle manifestazioni olfattive, gustative e visive del COVID-19 dall’inizio della pandemia, l’impatto della malattia sui sistemi uditivo e vestibolare ha ottenuto ancora scarsa attenzione. È stato dimostrato che le strutture dell’orecchio interno sono particolarmente suscettibili all’ischemia e al danno vascolare, portando a disfunzioni uditive e vestibolari.
I danni indotti dal virus a livello del tronco cerebrale, e responsabili dei sintomi descritti, sono dovuti a meccanismi infiammatori, alterazione della coagulazione sanguigna e ototossicità da trattamenti antivirali.
In particolare, il SARS-Cov-2 agendo a livello del tronco cerebrale, determinando disfunzione dello stesso mediante meccanismi neuroinfiammatori, provoca deficit sensoriali come acufene e vertigine, e deficit motori come paralisi dei nervi cranici, compromissione della coscienza, disautonomia e insufficienza respiratoria.
Sostanze chimiche, naturali o artificiali, o i radicali liberi a maggior diffusione, specie reattive dell’ossigeno detti ROS, stimolano mediante la produzione di citochine infiammatorie, i processi infiammatori. L’infiammazione acuta e cronica determinata dalle citochine e dai ROS, danneggiano l’orecchio interno nei pazienti con COVID-19, determinando ipoacusia e acufene. Inoltre, altri studi condotti su pazienti affetti da Covid 19 hanno rilevato che SARS-Cov-2 ha la capacità di legarsi all’emoglobina e penetrare nei globuli rossi, e attraverso il sistema circolatorio riesce ad invadere tutto il corpo. I monociti infetti e attivati attaccano il sistema vascolare, danneggiano la barriera emato-labirintica ed invadono l’orecchio interno danneggiandolo. Tra l’altro il processo di mancato trasporto di ossigeno da parte dei globuli rossi indotto dal SARS-Cov-2, causa ipossia e ulteriori danni dell’orecchio interno poiché è caratterizzato da una circolazione “terminale”.
Non in ultimo, non possiamo non considerare nella genesi dell’acufene del paziente affetto da Covid 19, l’assunzione di farmaci somministrati allo stesso per curarlo, risultati fortemente ototossici. Nello specifico l’assunzione di remdesivir, ribavirina, prodotti sintetici del chinino (clorochina e idrossiclorochina) portano a diversi effetti avversi, quali retinopatia, neuromiopatia, cardiomiopatia e ototossicità temporanea o permanente, scatenando ipoacusia e acufeni in forma sia acuta che cronica. L’ototossicità determina danni all’orecchio interno e agli organi neurali come le cellule ciliate esterne della coclea, i gangli spirali, le fibre neurali, sino a determinare l’atrofia della stria vascolare, e persino cambiamenti nel sistema uditivo centrale.
Possiamo dedurre che i meccanismi in grado di generare i tanti sintomi derivati dall’infezione del virus SARS-Cov-2, tra cui acufene, vertigine ed ipoacusia, sono molteplici e meritano di essere approfonditi mediante costante monitoraggio di questi pazienti eseguendo test oggettivi. Questi pazienti dovrebbero rivolgersi, nei limiti del possibile, osservando le direttive emanate dal Ministero della Sanità, quanto prima possibile allo specialista per iniziare delle terapie mirate. In questi casi tanto prima si somministra la terapia indicata dallo specialista, dopo aver sottoposto il paziente a test oggettivi e/o a valutazioni ematochimiche ed ematologiche, quanto più aumenta la probabilità della regressione del sintomo.
Diversi studi hanno evidenziato la persistenza dell’acufene nei pazienti che hanno superato il Covid 19 e che in passato non avevano mai sperimentato l’acufene, considerando l’acufene un sintomo neurologico associato al cosiddetto Post-Covid o Long-Covid. Questi studi, allo stesso modo, hanno evidenziato in molti altri pazienti che presentavano l’acufene ancor prima della malattia da SARS-Cov-2, addirittura l’aggravarsi del fischio, del rumore, del ronzio, del sibilo soggettivamente avvertito. A tal proposito uno dei diversi studi, pubblicato sul portale Frontiers in Public Health ha indicato che il Covid-19 può accentuare i sintomi dell’acufene. Questa ricerca condotta su un campione di 3100 persone con pregressi ronzii, sibili e fischi nelle orecchie, di entrambi i sessi, fascia di età compresa tra 18 e 100 anni, provenienti da 48 Paesi, principalmente incentrata sugli Stati Uniti e sul Regno Unito, evidenzia che il 40% delle persone colpite da acufene ha notato un peggioramento dovuto al Coronavirus.
L’ipotesi che il Covid 19 possa aggravare l’acufene nei pazienti con pregressi ronzii o fischi, sono diverse. Tra queste ipotesi ritroviamo l’assunzione di farmaci ototossici somministrati per curare il Covid 19, e il peggioramento dell’alterazione della sfera psicologica. È noto che lo stress, l’ansia, la depressione aggravano l’acufene, l’impatto dell’isolamento e dei cambiamenti nello stile di vita nel periodo della pandemia hanno determinato un brusco aumento dell’acufene. La paura e lo stress di contagiarsi, la paura e il malessere nei pazienti acufenopatici infettati da SARS-Cor-2, l’isolamento per diversi mesi, lavorare in Smart working e utilizzare le cuffie per call per maggior tempo hanno richiesto un cambiamento radicale dello stile di vita e quindi un peggioramento dell’acufene. Lavorare da casa significa stare in un ambiente molto più tranquillo e silenzioso, venendo meno le distrazioni ambientali che allontano il pensiero dall’acufene. La mancanza di interazioni sociali, l’aumento di videochiamate e riunioni online incrementano inevitabilmente i livelli di stress e ansia, che a loro volta aumentano per la paura che l’acufene possa peggiorare anche per l’utilizzo più a lungo di cuffie per call e per isolarsi dall’ambiente casalingo soprattutto se è rumoroso. In tutti questi casi bisogna svolgere esercizi di rilassamento, svolgere attività e hobby che aiutano a rilassarsi, ritagliarsi del tempo per tutto ciò che possa far sentire bene il paziente, non indossare per lungo tempo le cuffie ma fare delle pause, tenere il volume al minimo e se possibile utilizzare le cuffie con cancellazione di rumore, e soprattutto parlare e mettersi sempre in contatto con lo specialista.
Non possiamo però non prendere in considerazione la paura della vaccinazione, e la somministrazione dei vaccini Anti-Covid 19, altre ipotesi rispettivamente di aggravamento dell’acufene preesistente e di comparsa di acufene in pazienti che non hanno mai vissuto l’esperienza del ronzio o del fischio alle orecchie sino al momento della vaccinazione.
In questo ultimo caso vi spiegheremo la correlazione esistente tra trombosi e vaccino anti SARS-Cor-2, argomento che ha creato e crea paura e apprensione tra coloro che hanno manifestato sintomi e patologie determinate dalla trombosi indotta dal vaccino. Il Csa, in questo momento, presenta in casistica sette casi di acufene in pazienti che hanno superato il Covid 19 e che non avevano mai avuto esperienza di ronzio o fischio alle orecchie, e nove pazienti che riferiscono l’insorgenza dell’acufene entro 48 ore dalla somministrazione del vaccino anti-Covid.
Correlazione esistente tra trombosi e vaccino covid
La trombosi è una risposta naturale del nostro corpo nel momento in cui un vaso sanguigno viene leso esponendosi all’esterno, tentando di arginare la perdita di sangue mediante la formazione del trombo all’esterno del vaso sanguigno, stoppando la fuoriuscita di sangue ed evitando un sanguinamento. In condizione normali quindi la trombosi si genera al di fuori del vaso, ciò rappresenta un meccanismo fisiologico che impedisce al sangue di fuoruscire dallo stesso. Purtroppo, esistono però diverse patologie che causano la formazione del trombo, che non è altro che un tappo piastrinico, all’interno del vaso. In questi casi il nostro corpo percepisce erroneamente “il segnale” che un vaso si è rotto, quando in realtà il vaso è integro, si attiva così una risposta patologica, e abnorme della coagulazione sanguigna, inviando localmente piastrine per agevolare il processo della coagulazione che comporta la formazione di un grande coagulo di sangue, ”il trombo”, all’interno di una arteria o di una vena, determinando l’interruzione del flusso sanguigno che trasporta il sangue da un distretto del corpo ad un altro.
La trombosi, quindi, non è altro che una risposta normale del nostro organismo ad una lesione di un vaso sanguigno, che in condizioni patologiche si attiva, nonostante il vaso sia integro, producendo “il tappo” piastrinico all’interno del vaso causando l’interruzione del flusso sanguigno. La manifestazione clinica della trombosi dipende dalla localizzazione del trombo, risultato di una risposta abnorme della coagulazione sanguigna, che può avvenire in qualunque distretto del nostro corpo, per cui il paziente avrà dei sintomi o delle patologie in base alla sede della formazione del trombo.
Nel distretto arterioso, considerando che le arterie più importanti del nostro organismo sono quelle che portano sangue al cervello, se un paziente presenta la formazione del trombo all’interno delle arterie del cervello andrà incontro all’ictus celebrale, ossia alla perdita di una parte del cervello per interruzione del flusso sanguigno con conseguente sofferenza delle cellule nervose nutrite dall’arteria ostruita dal trombo, subendo un infarto e andando incontro a morte cellulare.
Se per esempio la formazione patologica del trombo intravasale interessa l’arteria vicaria il distretto del cervello che comanda il movimento il paziente presenterà una paralisi o una emiparesi. Nel caso dell’arteria vicaria la parte del cervello che controlla la visione il paziente potrebbe manifestare una alterazione della vista, potrebbe riferire di vedere sdoppiato o diplopia, o vedere lampi di luce o scotomi. Nel caso dell’arteria vicaria la parte del cervello che controlla il linguaggio, il paziente manifesterà alterazioni dell’eloquio tra cui afasia, disartria, aprassia.
A seconda delle patologie del paziente le trombosi possono interessare in particolare dei distretti del nostro organismo. Proprio per quanto riguarda la trombosi post vaccinale è stato visto che le sedi più colpite non sono le arterie del cervello ma le vene del cervello, ciò è responsabile di una stasi del sangue che causa dei disturbi neurologici importanti. Ribadiamo che in linea generale la trombosi può colpire qualsiasi distretto del nostro corpo, e proprio per questo motivo le trombosi post vaccinali si manifestano con uno spettro di manifestazioni cliniche e di sintomi vasto. Sono stati osservati casi di ictus cerebrale, casi di ischemia degli arti superiori o degli arti inferiori per arresto di flusso del sangue nell’arto interessato che diventa pallido, freddo e, per il consequenziale processo dell’acidosi, diventa dolorante.
La trombosi post vaccinale può interessare i visceri per trombosi delle arterie mesenteriche responsabile della ischemia intestinale, può coinvolgere le arterie del cuore con conseguente infarto del miocardio. La trombosi post vaccinale può coinvolgere anche il distretto venoso, e in questo caso il distretto più colpito è quello polmonare. In questo ultimo caso, frequentemente il paziente sviluppa la formazione di trombi a livello delle vene delle gambe, distretto nel quale c’è maggiore stasi sanguigna, condizione che favorisce la trombosi, si forma così il trombo all’interno delle vene delle gambe che può distaccarsi, passare nel cuore che lo pompa all’interno dei polmoni causando una condizione che può essere anche fatale, ossia l’embolia polmonare. In corso di embolia polmonare, i polmoni non riescono più ad ossigenare il sangue, il paziente vive una condizione di ipossia e può andare incontro al collasso cardiocircolatorio e quindi alla morte. Le condizioni di maggiore rischio a seguito della formazione del trombo sono quelle che interessano gli organi vitali ossia cervello, cuore e polmoni, poiché la perdita di funzionalità di questi organi può essere fatale.
Durante la campagna vaccinale si sono osservati diversi casi di trombosi finiti alla ribalta delle cronache. Per spiegare la correlazione tra vaccini anti-Covid e trombosi interpelliamo la letteratura scientifica disponibile: le basi scientifiche della immunologia clinica possono descrivere il meccanismo della formazione del trombo post-vaccinazione. Quando si immette qualunque sostanza nel nostro organismo, quest’ultimo reagisce e producendo anticorpi, questo è il principio della vaccinazione, ossia stimolare il nostro corpo a produrre anticorpi e una risposta immunitaria capace di bloccare il virus nel momento in cui entra nel nostro corpo. Quindi la risposta anticorpale in seguito a vaccinazione ha la funzione di interrompere la progressione del virus SARS-Cov-2 all’interno del nostro organismo. La risposta anticorpale, quindi la produzione degli anticorpi, nella stragrande maggioranza dei casi è sempre indirizzata verso il virus.
La vaccinazione, nel caso specifico del virus SARS-Cov-2, produce anticorpi che risponderanno al virus e soltanto al virus SARS-Cov-2. Esiste però una minima percentuale di persone che vengono vaccinate per il SARS-Cov-2, nello specifico 14 persone su 1 milione, nei quali gli anticorpi prodotti per proteggerci dal virus SARS-Cov-2,a seguito di somministrazione del vaccino anti Covid, maggiormente con vaccini a vettore virale, reagiscono non solo contro il virus SARS-Cov-2, ma in maniera errata cross-reagiscono anche con proteine esistenti fisiologicamente già nel nostro corpo, in particolare in questo caso cross-reagiscono con una proteina presente sulle piastrine, le quali “impazziscono”, si attivano e formano il trombo in un vaso sanguigno integro e non rotto. Quindi la trombosi post vaccinale è dovuta ad una cross-reazione della risposta anticorpale contro una proteina presente sulle piastrine.
Nello specifico sono stati segnalati post vaccinazione alcuni casi di trombosi del seno venoso cerebrale al sistema di farmacovigilanza. Questi pazienti presentavano anche trombocitopenia, elemento che orientava verso una causa immunologica della trombofilia. Gli esperti ematologi ritengono probabile che la vaccinazione porti alla formazione di anticorpi contro gli antigeni delle piastrine come elemento facente parte della reazione infiammatoria e della stimolazione immunitaria. Dipendenti o meno dall’eparina, questi anticorpi inducono quindi una massiccia attivazione piastrinica tramite il recettore Fc come analogamente accade nella trombocitopenia indotta da eparina (HIT). Gli scienziati affermano che questo meccanismo potrebbe essere alla base di una trombosi venosa sinusale cerebrale dopo la vaccinazione con il vaccino anti Covid.
La trombosi vaccinale ha delle caratteristiche ben precise e si chiama Sindrome Trombotica Piastrinopenica:
- deve comparire entro i 20 giorni dalla somministrazione del vaccino indipendente dal tipo del vaccino, anche se i vaccini a vettore virale sono quelli maggiormente presi in causa;
- le piastrine, che formano il trombo, nel caso della Sindrome Trombotica Piastrinopenica, alla conta piastrinica si presentono notevolmente ridotte di numero, ciò si definisce “piastrinopenia” e rappresenta un elemento fortemente indicativo della correlazione tra vaccino e trombosi. Nel caso della Sindrome Trombotica Piastrinopenica bisogna somministrare al paziente quanto prima possibile delle immunoglobuline che sequestrano gli anticorpi patologici prodotti, per bloccare questa complicanza drammatica che è la trombosi. Nel caso della trombosi il paziente può andare incontro a sintomi che possono essere transitori poiché il trombo può dissolversi oppure a sintomi persistenti poiché il trombo diventa stabile causando un danno permanente dell’organo interessato, manifestando complicanze drammatiche sino all’exitus. Gli organi infatti hanno “un periodo di resistenza” alla mancanza di ossigeno, diverso per ciascun organo. L’organo con periodo di resistenza minore, che è vulnerabile all’ipossia (mancanza di ossigeno) indotta dall’interruzione del flusso sanguigno, e quindi al traporto dell’ossigeno, per formazione del trombo nella vena o nell’arteria che vicaria il distretto, è il cervello.
È bene evidenziare che la trombosi può rappresentare una complicanza post vaccinale, soprattutto con i vaccini a vettore virale, ma è bene sapere che rappresenta il meccanismo killer della infezione da SARS-Cov-2 responsabile dei 3 milioni di morti nel mondo. Sappiamo tutti che durante il Covid il distretto più colpito dal virus è il distretto polmonare, il virus SARS-Cov-2 induce un danno all’interno dei vasi polmonari che può portare alla morte, poiché per un’alterata risposta immunitaria, si formano dei trombi all’interno dei vasi polmonari integri e non rotti, si assiste ad un danno del microcircolo polmonare, conseguente blocco degli scambi respiratori, insorgenza di una polmonite devastante che porta in una percentuale non indifferente di pazienti alla morte. È necessario somministrare eparina nei pazienti con Covid 19 sia per prevenire la trombosi sia per sciogliere il trombo che può formarsi in qualunque distretto ma soprattutto a livello polmonare.
Sembrerebbe che una storia anamnestica di pregressi episodi di trombosi non rappresenti una controindicazione alla vaccinazione per il SARS-Cov-2, la vera controindicazione alla vaccinazione è rappresentata dalla trombocitopenia indotta da eparina (HIT), ossia una bassissima percentuale di persone a cui viene somministrata eparina sviluppa la Sindrome Trombofilica Piastrinopenica, una condizione esattamente identica a coloro che presentano la trombosi post vaccinale. Nel caso della Sindrome Trombofilica Piastrinopenica l’eparina stimola una condizione anticorpale impropria, determinando la produzione di anticorpi che rispondono alla eparina e cross-reagiscono con le piastrine, condizione molto simile alla Trombosi post vaccinale. Quindi nei pazienti che è stata somministrata o è somministrata eparina per diversi motivi, ed hanno sviluppato la HIT ossia la Trombocitopenia indotta da eparina, il vaccino anti Covid non può essere somministrato.
Sintomi post vaccinale
- Sintomi simil-influenzali come dolori muscolari e articolari e mal di testa che persistono per 1-2 giorni dopo la vaccinazione sono un effetto indesiderato comune e non sono motivo di preoccupazione.
- In caso di effetti collaterali persistenti oltre tre giorni dalla vaccinazione (ad es. Vertigini, acufene, mal di testa, disturbi visivi), è necessario proseguire la fase diagnostica medica per chiarire una trombosi cerebrale.
Test diagnostici
- Esami importanti da eseguire sono: emocromo con piastrine, striscio di sangue, D-dimero e, se necessario, ulteriore diagnostica per immagini (es. RM cerebrale).
- In caso di trombocitopenia e/o evidenza di trombosi, effettuare il test per la trombocitopenia indotta da eparina (HIT)indipendentemente da una precedente esposizione all’eparina. Questo test si basa sulla rilevazione immunologica degli anticorpi contro il complesso del fattore piastrinico 4 (PF4) e dell’eparina.
Terapia
- Fino a quando la HIT autoimmune non è stata esclusa, si dovrebbe evitare l’anticoagulazione con eparina e si dovrebbero usare preparati alternativi compatibili con l’HIT.
- Nei pazienti con HIT autoimmune confermata e trombosi critica, come la trombosi della vena sinusale cerebrale, il meccanismo patologico pro-trombotico probabilmente può essere ridotto dalla somministrazione di immunoglobuline endovenose ad alte dosi (IVIG).
ATTENZIONE!
Indipendentemente dalla causa e dai risultati di un test per gli anticorpi PF4 / eparina, è necessario considerare altre possibili cause alternative di trombocitopenia e/o trombosi. Queste possono includere: le microangiopatie trombotiche come Sindrome trombotica trombocitopenia – iTTP o Sindrome Emolitico Uremica Atipica – aHUS, la sindrome da anti-fosfolipidi, l’emoglobinuria parossistica notturna e le malattie ematologiche maligne.
Concludendo sia l’infezione da SARS-Cov-2 sia la vaccinazione per il virus del Covid 19, soprattutto con vaccini a vettore virale, possono indurre la temibile trombosi e i sintomi riferiti da alcuni pazienti quali vertigine, acufene, disturbi visivi. In entrambi i casi bisogna immediatamente rivolgersi allo specialista.