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Acufene: anomalie morfologiche da allungamento della carotide interna extracranica e anomalie congenite cardiologiche

Acufene: anomalie morfologiche da allungamento della carotide interna extracranica e anomalie congenite cardiologiche

Studiando i pazienti che vengono alla nostra osservazione per acufene, o ipoacusia o vertigine, si rilevano sempre più frequentemente ANOMALIE VASCOLARI.

Le anomalie morfologiche da allungamento della carotide interna extracranica sono distinte in tre tipi: tra queste si rilevano le TORTUOSITÀ, il COILING, il KINKING. Inoltre, nella nostra casistica aumenta costantemente la percentuale di riscontro di un’altra anomalia congenita del cuore, che è il FOP.

Le varianti di decorso dell’arteria carotide interna sono rappresentate dal kinking, dal coiling e dalla tortuosità. Tali alterazioni possono essere congenite oppure secondarie ad arteriosclerosi, all’ipertensione o secondaria ad iperplasia fibromuscolare della parete vasale. Solo il kinking presenta una prevalenza per il sesso femminile con un rapporto tra maschi e femmine di 1/4.

La TORTUOSITÀ è di frequente osservazione, decorso tortuoso della arteria mantiene lo stesso asse.

In particolare, in questo caso si tratta di un allungamento con cambiamento di direzione poco pronunciato, con curvature regolari e senza angolazioni. Gli effetti emodinamici di questi allungamenti sono di solito nulli.

Il COILING o “anello” ha decorso a spirale lungo l’asse trasversale, il loop può essere completo o non completo. In circa il 10% dei casi è bilaterale e simmetrico, si riscontra solitamente si riscontra nei soggetti giovani e viene considerata congenita.

Ha di solito sede alta in rapporto alla biforcazione, in prossimità dello spazio retrostiloideo. Anche questa anomalia in genere non ha effetti emodinamici, perché raramente è causa di stenosi. Può tuttavia avere delle ripercussioni emodinamiche durante i movimenti di rotazione del collo quando è associata a una agenesia delle comunicanti. In questo caso va corretta chirurgicamente. Il trattamento chirurgico prevede una esposizione alta della carotide interna.

Il KINKING o “plicatura” è una brusca variazione dell’asse vascolare con conseguente acuta angolazione a piccolo o ad ampio raggio associata a stenosi.

L’allungamento della arteria, con brusco cambiamento di direzione, configura quindi una marcata angolazione con restringimento del lume. La riduzione del flusso e della pressione a valle di una plicatura è proporzionale al grado di angolazione. La correzione chirurgica è obbligatoria quando coesiste una patologia aterosclerotica, quando si realizza cioè l’associazione “placca + kinking”. Esiste infatti un’influenza reciproca tra plicature e placche, nel senso che i vortici e le turbolenze generate dalla plicatura, favoriscono, quando il kinking è prossimale, la progressione e la comparsa di complicanze, come l’ulcerazione della placca; le ripercussioni emodinamiche della plicatura vengono invece aggravate dalla presenza della stenosi.  Il trattamento di queste patologie è chirurgico, effettuando una resezione della carotide interna e un reimpianto prossimale della stessa. Nel paziente operato è di fondamentale importanza sottoporlo periodicamente a follow-up, mediante eco-color-doppler, per valutare la pervietà del vaso. La comparsa di segni neurologici nell’immediato post-operatorio è un’indicazione ad effettuare un eco-color-doppler d’urgenza per escludere o confermare la trombosi del vaso e tentare la riesplorazione chirurgica. Praticamente costante nella carotide operata è la cosidetta iperplasia fibro-intimale. Si tratta di una neo-intima, che studi recenti hanno dimostrato essere costituita da una deposizione di fibrina, e può essere interpretato come un processo riparativo della parete arteriosa. È frequente rilevare nella sede dell’iperplasia fibro-intimale, fenomeni di turbolenza ben evidenti al color-doppler. Spesso il processo riparativo evolve, dal punto di vista istologico, si ha proliferazione di fibroblasti e di cellule muscolari lisce configurando il quadro della restenosi.

Una complicanza a distanza della carotide operata è rappresentata dalla formazione di ANEURISMI. Questi possono essere “aneurismi veri”, sia fusiformi che sacciformi, o “aneurismi falsi”, in genere conseguenti a deiscenza della sutura per infezioni della ferita chirurgica. L’aneurisma si evidenzia come una formazione tondeggiante anecogena, nel cui lume sono presenti echi di varia intensità derivanti dalla presenza di trombi.
All’interno dell’aneurisma il flusso è turbolento e a bassa velocità.

Il Coiling e il Kinking della carotide interna congenite riconoscono una patogenesi appunto congenita, che determina un anomalo sviluppo del distretto arterioso derivato dai primitivi archi aortici, ed in particolare dal terzo arco.

In presenza delle varianti anomale di decorso dell’arteria carotide interna, si realizza un flusso ematico turbolento e non laminare. Questa alterazione di flusso ematico, oltre ad essere responsabile di TIA o ictus cerebrali, per la presenza di un “circolo vascolare terminale” dell’orecchio, determina un danno delle cellule ciliate della coclea, che si traduce in ipoacusia e/o acufene.

In particolare, un’alterazione della carotide può comportare lesioni importanti, come TIA e stroke; il suo trattamento ha l’obiettivo di ridurre i rischi di tali alterazioni, debilitanti. Lo stoke può essere emorragico o ischemico; in questo secondo caso, la riduzione di flusso ematico ne è alla base; il restringimento del lume dell’arteria carotide interna, la costituzione di una placca ulcerata, l’indurimento della parete arteriosa per depositi calcifici sono tutte espressioni della malattia arteriosclerotica, che favoriscono la creazione di coaguli, più o meno grandi, che possono essere trasportati, improvvisamente o molto lentamente, verso il cervello, causando lo stoke o il TIA, o verso il circolo vascolare dell’orecchio, causando ipoacusia e/o acufene. La presenza di una sintomatologia neurologica e la concomitante esistenza di una lesione carotidea, obbliga a trattare la lesione; se la stenosi è sotto il 50% ed è isolata, potrebbe essere sufficiente la terapia medica, mediante prescrizione di antiaggreganti e statine; se la stenosi è associata ad una lesione controlaterale, allora va trattata, e per gradi più severi di stenosi, il trattamento obbligatorio non è solo medico, ma anche chirurgico mediante l’endoarteriectomia o l’alternativa, che è lo stenting carotideo.

Il FOP o forame ovale pervio è il foro di comunicazione fra i due i due atri del cuore. Nel feto questa apertura è fisiologica, successivamente alla nascita questo “foro” dovrebbe chiudersi entro massimo i due anni di vita. Quando questa saldatura non avviene e la chiusura anatomica risulta imperfetta o manca completamente si parla di “pervietà del forame ovale”. È un difetto potenzialmente grave che in condizioni normali di salute non comporta particolari complicazioni. Non dà sintomi e spesso ci si accorge in ritardo della sua esistenza, è solitamente lo specialista che richiede un approfondimento diagnostico in presenza di disturbi di salute come per esempio l’emicrania o l’acufene. Tale pervietà può consentire, infatti, il passaggio di piccoli coaguli dal cuore destro al cuore sinistro provocando un’embolia nel circolo sistemico soprattutto a livello cerebrale, determinando l’ictus, ma anche in altri organi. Nella casistica del Centro Siciliano Acufene, ad oggi, vi sono numerosissimi pazienti affetti da FOP che riferiscono Acufene. Questi pazienti possono presentare emicrania con aura, ictus cerebrale in assenza di fattori di rischio, e altri sintomi interessanti soprattutto gli organi sensoriali, poiché questi ultimi sono dotati di un circolo vascolare terminale, ossia di vasi sanguigni del diametro inferiore a quello di un filo di capello. I coaguli che dall’atrio destro passano a quello sinistro, dunque, possono fermarsi in diversi organi, tra cui l’orecchio. Il Csa ha avviato uno studio scientifico, ancora in corso da ormai quattro anni addietro, ma per ovvie ragioni anatomiche, si può ritenere possa esistere tale correlazione. Dopo un’attenta diagnosi, anche con l’ausilio di indagini strumentali come il doppler transcranico con microembolizzazione l’ecocardiografia transesofagea, oggi la tendenza è consigliare di procedere alla chiusura del forame ovale quando è considerato moderato o grave per prevenire l’insorgenza soprattutto di accidenti cerebrali quali l’ictus. La procedura di chiusura si consiglia anche nei pazienti emicranici con problemi all’apparato uditivo e con acufene. Contemporaneamente il paziente viene trattato con particolari protocolli farmacologici e riabilitativi che consentono di ridurre, se non di azzerare completamente, l’acufene.